Ritorna o Musa benché deperito
Mi sia l’ingegno e l’intelletto tutto,
Benché mi senta lasso e rifinito,
Qualche cosa di nuovo va costrutto.
Un bel lavoro artistico e pulito
Non lo pretendo, ma triviale e brutto
Perché dice il proverbio: amara pianta
I suoi frutti dolcissimi non vanta.
Emilio Pallesi
razie all'amico e poeta estemporaneo, Marzio Mattioli, sono entrato in possesso di questa storia scritta da Emilio Pallesi (1884 - 1966), detto 'i Beìni, poeta estemporaneo di Santa Croce sull'Arno. La storia mi piacque subito sebbene nella parte finale sia un po' "rude".
Un paio d'anni dopo sono entrato in possesso del volume, curato da Pilade Cantini, contenente molte opere del Pallesi alcune delle quali spassosissime e tra le quali compariva anche questa. Ne abbiamo tratto un testo teatrale dal titolo Ho sempre odiato l'uom che non si scuote che, grazie al Comune di Santa Croce sull'Arno, debuttò al teatro Verdi il 22 marzo 2019. La regia fu di Matteo Marsan, le musiche di Marzio Mattioli, il testo di Emilio Pallesi, Pilade Cantini e mio.
L'autore dell'opera, senza peli sulla lingua, dimostra una sagacia e una capacità di rare proporzioni e l'invito che faccio è di comprare il libro e leggerlo perché vale veramente la pena. La storia che segue racconta le "competenze" artigianali di un norcino che si chiamava Beppe Pagni e che pare fosse molto noto dalle parti del Pallesi.
Storia di un ammazzattore di maiali
Io vi vo’ dir d’un certo Beppe Pagni
macellator di poveri suini
che in tutto il mondo non ce n’è compagni
per mangiar rostinciane e votar tini,
però par che gli scemino i guadagni
e che punte n’azzecchi e ne indovini
perché quando ha già fitto il punterolo
fugge il maiale pare un capriolo.
Or di recente lo chiamò Bagnolo
da bon cognato e ciò non si cancella
gli disse: “vengo e faccio da me solo
basta che tu m’affili la coltella”
e Bellagamba come bon figliolo
preparò anche il treppiedi e la gratella
perché sa gli ossi Beppe addenta e sgrana
ghiotto all’eccesso della rostinciana.
Un giorno che tirava tramontana
Beppe si parte e da Bagnolo sale
apre l’uscetto e sul terreno spiana
lungo e disteso il povero maiale
poi piglia l’arma e con la propria mana
cerca il punto sensibile e mortale
e glielo immerge, ove il pensier lo mena,
sotto al buco del culo un dito appena.
Si contorce il maiale e si dimena
lo sentiron ruggir da Serravalle
poi gli scappa di mano e si scatena
e traversa a galoppo poggi e valle
Beppe gli corse dietro e appena appena
lo riprese alla chiesa delle Calle
lo riportò sul luogo del macello
e lì ce lo strozzò, co’ un funicello.
Ma un fatto più ridicolo e più bello
gl’avviense in pian d’un altro contadino
io del suo nome non ne faccio appello
sol vi dirò che c’ha l’olmone e il pino
l’avea un maiale che parea un vitello
e chiamò Beppe come più vicino
Beppe c’andò, ma prima di far fori,
gli legò al collo un canapo da tori.
Poi comincia a bucargli gli interiori
il basso ventre, il fegato, la milza,
fu tutto un ficcar dentro e un tirar fuori
ma la pina di’ cuore mai fu pinza
il padrone gli disse: “i tuoi lavori
hanno una brutta piega e peggior grinza”
ma Beppe gli rispose “ho già pensato
di tagliargli la testa col pennato”.
Tutto il sangue per terra fu versato
il padrone si fé triste e spiacente
non poté preparare un mallegato
da offrirlo in dono a qualche bon parente:
“accidenti anche a quando t’ho chiamato
di queste cose ne sai men che niente
non c’è maiale che ti crepi o schianti
nemmen se l’avveleni un mese avanti”.
La gente che passava e i vicinanti
curiosi per veder correano a trotto
e tra loro diceano: “è da ignoranti
trattar le bestie come qui’ fagotto”
e il padrone vociava a tutti quanti:
“l’ha bucato stamani avanti l’otto
e dopo tante prove e tante lotte
chissà se muore avanti mezzanotte”.
Le pie persone intelligenti e dotte
voglian far presto dei ricorsi a Roma
a ciò gli vengan l’opre sue interrotte
o perlomen gli tolghino il diploma.
Buchi, se vuol bucare, giorno e notte
qualche maiala sudicia e ben doma
e contro quelle il punterolo assesti
e noi si prega che qualcun lo ‘mpesti.
I suoi pazzeschi e dissennati gesti
recan danni gravissimi e infiniti,
non soltanto ai suin che agili e lesti
fuggon lontan da Beppe anche arrostiti,
ma gli stridii implacabili e funesti
dall’Ufficio del Dazio son sentiti,
e per tanto rumor così esecrando
non né ammazzerà più di contrabbando.