BREVE RISTRETTO DEI MIRACOLI OPERATI DA MARIA SANTISSIMA DELLE GRAZIE che si venera nella Chiesa dell'Orotorio di S. Giovanni, aggiuntovi il di Lei quarto Centenario, solennizzato dal 14 al 21 Settembre 1879, non chè la Festa del restau- ro del tempio solennizzata il 4 Ottobre 1885 POSTO IN OTTAVA RIMA DA FEDELE SACCHETTI. 1879
Le 59 ottave che seguono, composte da Fedele Sacchetti, detto "Lo Zoppo" di San Giovanni Valdarno, e pubblicate nel 1901, raccontano la devozione del Valdarno per la Madonna delle Grazie venerata nell'omonima basilica sangiovannese. Del poeta Sacchetti, improvvisatore, non si hanno notizie biografiche salvo una menzione da parte di un informatore di Dante Priore e da questi riportata nel suo volume, uscito nel 2002, dedicato all'ottava rima. La storia ripercorre i miracoli attribuiti alla madonna dai valdarnesi che presero avvio col prodigio del latte del 1479.
La storia racconta che Monna Tancia ultrasettantenne rimase sola col proprio nipotino Lorenzo di appena 3 mesi che aveva perduto nella pestilenza entrambi i genitori. La vecchia cercò una nutrice per il nipotino, che piangeva per la fame, tuttavia a causa della pestilenza, della guerra corrente e della carestia non fu possibile trovare nessuna donna che potesse nutrire il neonato. La vecchia disperata si mise in preghiera sotto l'immagine affrescata nella porta di San Lorenzo e che poi presa dallo sconforto abbia accostato il nipote al suo seno "avvizzito et arido" e che questi abbia principiato a poppare (il sacchetti usa il bellissimo e dimenticato verbo zinnare) con una certa ingordigia; in quell'istante Tancia si rende conto di avere le mammelle gonfie di latte come una giovane puerpera. La notizia del prodigio si diffuse celermente in tutto il paese prima e nel circondario poi; i prodigi che si susseguivano numerosi indussero la popolazione alla costruzione di una cappella prima, che fu eretta murando la vecchia porta, e la monumentale basilica poi.
1.
Vergine delle Grazie dispensiera,
Vero refugio d'ogni peccatore,
Felice un dì sarà chi in Te gli spera
Felice anch'io sarò spero un favore;
Porgimi ajuto nella mia carriera,
Cantar possa l'istoria e il fatto onore,
Per la tua prima grazia originaria,
Su quella donna settuagenaria,
2.
O voi che foste nell'età passata
Nell'eterna Città in purpureo manto;
Il Serto che la fronte ha coronata,
Fate che svegli il mio letargo, e tanto
Serva di sprone alla mia vena agiata,
Onde accordare il delicato canto
Per sì sublime e nobile argomento,
Dunque principio: e tu lettore attento.
3.
L'anno che il morbo in tutta la Toscana
Fece strage di gran popolazione,
Da S. Giovanni non era lontana,
La morte, che rendeva un'afflizione,
Facendo prede in creatura umana,
Non risparmiando grado di persone;
Giovani, vecchi, ricchi, e poveretti,
Erano al Campo Santo, o ai Lazzeretti.
4.
Il fratello perdea l'altro fratello,
La consorte al marito gli moriva,
Unico figlio di vedova, e quello,
L'ingiusta morte dal seno gli rapiva;
Degli amici e parenti ampio fragello,
Il padre e il figlio insiem si seppelliva,
E qualche volta al Camposanto c'era
In un sol giorno una famiglia intera.
5.
Fra il tumulto di morte e fra l'orrore,
Il volgo piange la fatal ruina,
Pianti, spasimi e tremulo stridore,
Sode di giorno, di sera e mattina;
D'altra parte si sentia un rumore
Di pianto, che lo reca una vecchina,
Di tre mesi un infante in braccio avea,
E il seguente lamento la facea:
6.
Oh morte iniqua! oh morte traditrice!
Che faceste morire il genitore,
E quella sventurata genitrice,
Al mio nipote!... Oh Dio mi scoppia il cuore,
Pietà! pietà! (esclamava) e una nutrice,
Facea ricerca; e dice: Gli è tant'ore,
Che l'orfanello vagita e patisce,
E di sostanze alcun non si nutrisce.
7.
L'offre alla prima balia che vedea,
E quella allor non accettò l'offerta,
Il mal che tolto i genitor gli avea,
Che non tolya ancor lei non era certa,
Trovare ajuto in altre ella credea,
Ma entrambe gli risposero: Sto all'erta,
Disse il Signor: Guarditi ch'io ti guardo,
A espormi a un tal pericol non mi azzardo.
8.
Povera nonna! (la principiò a dire)
Povera nonna, e povero innocente!
Nelle mie braccia tu devi morire,
Affatto abbandonato dalla gente?
Ahi! quanto grande sarà il tuo patire,
Mi chiedi ajuto, e non posso far niente,
Per scampar la tua morte e darti aita,
Metterei volentieri ancor la vita!
9.
Sperando altri soccorsi volse il piede
Verso una torre fatta da molti anni,
L'immagin delle Grazie ivi si vede,
Opera del pennello di Giovanni.
Avea P infante in braccio, e in Lei la fede,
Che voglia riparare a tanti danni,
Da Lei una grazia prodigiosa spera,
E gli principia a far questa preghiera:
10.
Vergine delle Grazie sei chiamata,
E tu l'accordi a chi le implora e prega,
E qualunque persona che pregata
Ti ha, la tua mano la grazia non nega;
A storpi, a ciechi, gli è stata accordata,
E a chi nell'amor Tuo confida e lega.
Per consolar gli afflitti Tu sei sola,
L'afflitta vecchierella oggi consola.
11.
Nelle mie braccia tu vedi un infelice
Che dall'acuta fame è stimolato,
Morto gli è il genitore e genitrice
E da tutte le balie abbandonato;
Solo da Te gli aspetta una nutrice,
E sol per le Tue man sarà salvato,
Se degna ne sarà questa riscatta,
Oh la tua santa volontà sia fatta!
12.
Quindi la parte consolata alquanto,
Ormai era oscuro se ne andò a dormire,
Verso la mezzanotte in un gran pianto,
Diede l'infante, e non lo può nutrire.
Bacia, accarezza, e se lo tira accanto,
Ma in lui non cessa il pianto né il patire;
Per acquietarlo gli porge la pelle,
Delle sue antiche ed aride mammelle.
13.
Lui le prende zinnando e si dibatte,
Oh prodigio ammirabile! Oh stupore i
Gli scaturisce un prodigioso latte,
Opera della madre del Signore.
Ringrazia la buon vecchia in preci esatte
La dispensiera di questo favore,
Poi le vicine sue ritrova adesso
E gli fa parte di tutto il successo.
14.
Per tutte le contrade in S. Giovanni,
Si divulga il prodigio singolare,
Donna in età di settantacinque anni,
Un suo nipote è buona di allattare.
L'allattò venti mesi: non c'è inganni,
Lorenzo a nome solean chiamare,
Visse qual giusto, e religioso venne,
E la fede in Maria sempre mantenne.
15.
La buona vecchia lasciamo, ed il nipote,
E tratteremo del prodigio grande
Che inteso bene fu con chiare note,
Per tutta Italia la fama si spande.
Di S. Giovanni le person divote
Fecion cappella d'asse, e da più banda
Il popolo in gran folla ne venia,
Ad adorar la Vergine Maria.
16.
Subito ebbe principio l'Oratorio
Il vasto tempio di gran devozione,
Molti signori diedero ajutorio,
Tutti avendo a Maria la vocazione.
Di tante grazie e onor mi rammemorio.
Se stavan le campagne in afflizione,
Implorando Maria tanto propensa,
La grazia in refrigerio gli dispensa.
17.
Per una festa memoranda e bella
Una piccol frazion di foco acceso,
Casco nella tovaglia, e una fiammella,
Fece che foco l'Oratorio ha preso.
Tatto abbruciò all'orribile facella,
Ma un sottil velo che gli stava steso
Parando quell'Immagine, ed era atto,
A quell'incendio, ma rimase intatto.
18.
Divulgossi il miracolo in Toscana,
E la gente devota, casta e pia
Lasciò il suo patrio tetto, e la lontana
Strada facendo ad onorar Maria,
Offrendo obolo grande alla Sovrana
Pregandola, e dicendo: 0 madre mia
Scansaste il foco dell'urna all'interno,
Fate ch'io scansi quello dell'Inferno!
19.
Scipion dei Ricci nobile Prelato
Imbasciatore del soglio romano,
Dal Santo Padre un di ne fu mandato,
Le Corone a portar di propria mano.
Acciò le sacre teste incoronato,
Sia della Madre e il Redentor Sovrano,
L'onore il Serristori ebbe quel saggio,
D'accettar quell'illustre personaggio.
20.
I devoti alla Vergine avvocata,
Tocchi da una Celeste vocazione,
Progettorno di farla la facciata,
Al vasto tempio: e per l'esecuzione,
Fu da vari ingegneri disegnata
In pietra concia ricca costruzione,
Ma non potendo sostener la spesag
Dai funzionari la venia sospesa.
21.
Ma la Regina dei mezzi Celesti,
Vedendo i suoi devoti in gran dolore,
Mandò dei larghi mezzi, e furon questi,
Che descrivervi intanto avrò l'onore.
O tu Madre benigna che facesti,
I due Miracol di tanto stupore,
Raddoppia in me le forze onde la rima
Faccia al potere tuo maggiore stima.
22.
Nella stagion che il dotto agricoltore,
Crescer vede le sue futur sostanze
E aspetta il frutto a norma del sudore,
Si nutre di bellissime speranze.
Esisteva in quel tempo un alidore
Che gli empie il volgo di comun lagnanze,
E sappiam che nel suolo Valdarnese,
Fu un delle siccità non mai più intese.
23.
Per ogni parte il popolo devoto,
Adunavasi in posti pii e Santi,
Ed ogni Santuario al volgo noto
Scoprir facealo, e genuflessi avanti,
Dicean con umiltà e tremante moto:
Prega l'Eterno Dio ripari a tanti,
Gastighi, e quindi con supplica nova,
Faccia che su nostre sostanze piova.
24.
Non furon degni ricever tal grazie,
Ma il popolo adunato corre in fretta,
Per far riparo alle tante disgrazie,
Va a S. Giovanni dalla Benedetta.
Non avendo le brame ancora sazie,
La fecero scoprire a chi si spetta,
E dalla plebe davanti prostrata,
In questa guisa la venia pregata:
25.
Il Santo sacrifizio celebrato,
Il coro le di Lei Litanie cantava,
E il popolo contrito ed umiliato,
Che pregassi per lui gli addimandava,
Pioggia ai fedeli tuoi venga accordato.
Intercedi per noi, gli replicava,
La gente d'ambo i sessi in voci unite,
Dicean: Nostra preghiera esaudite!
26.
In Triduo scoprendo, il terzo giorno,
Che il popolo la grazia addimandava,
Di fede il cuor di donna, e molto adorno,
Di visitar l'Immagin desiava.
Ed in quattro persone la portorno,
(Era inalata, da se non andava.)
Luisa Bessi fu di S. Giovanni,
Incurabile, informa da più anni.
27.
Eccola giunta davanti all'Altare,
La prega con fervor con vera fede,
Tutte le forze si sente tornare,
E sana e salva la si rizza in piede.
Il prodigio si venne a divulgare,
Dicean viva colui che adora e crede.
Su quella Immagin Santa ed infallibile,
L'ha operato un Miracolo visibile.
28.
Un'altra paralitica arrivata,
Da lontano paese, in mezzo a tanti
Martirii, al Santuario vien portata,
E alla visibil Vergine davanti,
La Messa, il suo buon prete principiata,
Comunicossi; e dopo brevi istanti
I gradin dell'altare egli scendea,
Comunicar l'inferma indi volea.
29.
Ma nell'istante che il prete si move,
Per eseguire il Santo Sacramento,
Questa si sente pien di forze nove,
E disse al prete: Da me mi presento.
Presto si rizza e s'inginocchia a dove
Si va a sacramentarsi: e il prete attento,
Il poter dell'Immagine gli apprezza,
Lacrime, piange pien di tenerezza.
30.
In mano l'Ostia Sacra egli tenea,§
(Era rimasto quasi senza fiato)
Ad alta voce il popolo dicea:
Vi giuro per Gesù Sacramentato,
Che era tanti anni che non si movea,
Ed or tutte le forze gli è tornato?...
Oh! prodigioso Miracolo Santo!
E il suo discorso glielo tronca il pianto.
31.
Il popolo, vedendo co'suoi occhi
I due Prodigî di tanto stupore,
Alla gran Madre piegava i ginocchi,
Ognuno offrendo un dono per onore.
Chiunque intese il fatto gli eran tocchi
Nella parte invisibile del cuore;
Di piangere e pregar nessun si sazia
Per ringraziar la ricevuta grazia.
32.
I popol del Val d'Arno e il circondario
Con degne venerabil processione,
Portorno grande offerte, e d'ordinario,
L'altre persone sciolte in conclusione,
Diedero il suo tributo necessario
Per terminarle la fabbricazione
Della facciata, che fu costruita,
Con molti avanzi quando fu finita.
33.
Quattro secoli ormai gli erano scorsi,
Che Maria fe'il miracol prodigioso,
A Monatancia: e pensan di disporsi
I componenti il rito religioso,
Progettando le cose da proporsi
Per far la festa in costume sfarzoso,
Onde aver l'occorrente necessario,
Per festeggiarlo il quarto Centenario.
34.
Quindi dieder principio al grande assetto,
Ricco di cera, lampade e setini,
Parorno le colonne e tutto il tetto.
Quegli artefici e saggi Fiorentini;
Ogni colonna un piccolo angioletto,
E alle navate grandi arredi fini,
Parate e costruite in certe mode,
Degne di ammirazion, degne di lode.
35.
Poi le lumiere in cinque ordini messe,
Ricche di lumi e di bellezza rara;
Negli altar non ci è più le cose stesse,
Novi ordegni di pregio si prepara.
Niente inparato acciò non rimanesse,
Nella Cappella ancor facendo a gara,
Messer lumiera in tanto abbellimento
E nell'Altare il divin Sacramento.
36.
Poscia all'Altar della Vergin Beata,
Novi arredi di pregio e di valore,
E l Urna sacra era tanto adornata,
Che nel vederla faceva stupore.
Ancor la loggia era bene assettata,
E un quadro di Maria per far più onore
Era in faccia alla piazza il Santuario,
Sotto era scritto: Quarto Centenario.
37.
Nel Campanile ritrattato c'era,
L'Immagin santa, e ognuno la vedea
Di notte oscura, tenebrosa e nera
Mercè ampio lume tutta risplendea.
Così ben messa in sì fatta maniera
Che stupefatto il popolo dicea:
Oh! gran festa, oh! gran cose sta preciso
Che un raggio mi ci par di Paradiso.
38.
Il Santo Padre intanto gli spediva,
Una Pisside lavorata a oro,
Sopra a un Angiolo messa: e si sentiva,
Lodare, il bello e famoso lavoro:
Leon decimo terzo evviva evviva,
Che gli ha donato un memorial tesoro!
L'onore ebbe il Marziali di portare,
Quel gran dono famoso, e singolare.
39.
Parimente portò il signor Marziali
Quattordici medaglie di un valore,
Ciascuna appesa a un cero e materiali
Anelli d'oro in cerchio, e molto onore
Fecero i paesani, ed altri tali
Al famigliare del Roman Pastore,
Poi la famosa Festa principiorno,
Con il seguente ordine del giorno.
40.
Il quattordici il primo dì di festa,
Si principiò a veder di buon mattino,
Compagnie che venian dalla foresta,
E quelle in circondario di vicino,
Di Montecarlo la prima si presta
Con ricco dono ed ornamento fino,
Quindi venne Cavriglia, e dopo passa
Gaville, S. Pancrazio, Piano e Massa,
41.
E Luigi Corsani Monsignore,
Vescovo Fiesolan di proprie mani,
La madre gli scopria del Redentore,
Con stupore di tutti i Cristiani.
Otto giorni durò; poi un Oratore,
Giornaliero agl'inviti paesani,
Rammemoriava le battaglie, ed anco
Il morbo, ed il Miracol di rinfranco.
42.
Ancor le Compagnie del paese,
Tutte una società vennero a fare,
Fecer l'incasso di proprie sue spese
E un grosso dono vennero a portare.
Quella di S. Lorenzo andò cortese,
Quindi la Pievo si vide arrivare,
Andò con zelo, e con santa concordia,
La Compagnia della Misericordia.
43.
Le donne anziane in ampia processione
Portano in dono un offerta discreta,
Le figlie di Maria tutte in unione
Gli portorno una splendita Pianeta.
Indi altre addette a una Congregazione,
Portorno altra suddetta: e non si vieta
Il passo a Compagnia col dono in mano,
Della Parrocchia di Montemarciano.
44.
Poi andò S. Martino, il Tartigliese
Portando tutti l'offerte copiose;
Da Vacchereccia di proprie sue spese,
Venne una somma fra quelle pompose.
Arrivò Pogi, lontano paese,
La Compagnia che il dono non nascose:
La Banda musical sempre sonava,
Le sacre insegne intanto accompagnava.
45.
Negli altri giorni un numero infinito
Di Messe a quattro altari celebrando,
Poi la compieta, e quindi il sacro rito
Vestendo, e Messa solenne cantando
A mezzogiorno era bell'e finito,
E dopo di bel novo incominciando
I sacri Vespri, e quindi un Oratore,
Facea alla Vergin un memorial onore.
46.
Il Monastero là volgea le piante,
E un grosso dono gli avea preparato,
Un angiol lo portò, parea volante,
Ogni person restò meravigliato.
Meleto e Luc olen veniva avante,
Ricasoli, le Ville, e S. Miniato,
Castelfranco di sopra ne venia
Con ricca insegna ed ampia Compagnia.
47.
Di Castelfranco ancor venne la Banda
Che assisteva al servizio paesano.
Il direttor di festa gli comanda
Poi venne la Treggiaja, e Certignano.
La Filiera un bel dono ce lo manda,
Bullettai, Chiodajoli, e ogni artigiano.
Musica fu la messa, e i sonatori
Cantanti Fiorentini professori.
48.
Ancor Renacci con la Compagnia,
Andò alla Vergin per portar l'offerta,
Pieno la Chiesa, la piazza e ogni via,
La strada più incivil non è deserta.
E dal popolo dire si sentia:
Le persone che c'è più non s'accerta.
E nelle ore poi pomeridiane
Riprincipiorno a dar nelle campane.
49.
Veniva Piantravigne e Persignano,
La Badiola, in comunicazione,
Altre ne venne: e poi S. Cipriano
Non posso far di tutte l'iscrizione.
Quegli muniti d'una mazza in mano
Messero in ordin'ampia processione.
E Monsignore alla grand'opra intento,
Di propria man portava il Sacramento.
50.
In due lunghissimi ordini distesa
Per l'addobbate strade paesane,
Ma quando fu per rientrare in chiesa
Tre terzi di person'fuori rimane.
Allora Monsignor la mano stesa,
Benedi in piazza l'anime cristiane.
Nella sera palazzi illuminati,
E macchina di fuochi artifiziati.
51.
E terminato fu da un gran passeggio,
D'ambo i sessi, dai tanti concorrenti,
Fu formato un bellissimo corteggio
Senza tumulti fra le tante genti;
Mentre la Banda in opposito seggio,
Sonò di vari pezzi bei concenti.
Questo fu l'occorrente necessario.
Che diè termine al quarto Centenario.
52.
Non ancor sazî, i devoti a Maria,
Per far conoscer la sua devozione,
Fecero un Comitato, e l'opra pia,
Servì per far la restaurazione
Al Tempio clie un po'guasto comparia:
Ma principiata fu l'esecuzione
Con far Cappella a marmo, e pei cantori
L'orchestra a spese di benefattori.
53.
Di nuovo le navate costruite
A stesso modo, da valente artista,
Le figure dei quadri ripulite
Che ognun distinguer pole a prima vista.
Le parete di Santi ben munite.
La Penitente e il gran Teologista,
S. Pietro e Paolo il principale affresco,
Chiara, Lucia, Agostino e S. Francesco.
54.
Terminato che fu tutti i lavori
Fu fatto società artistiche e agrarie,
D'ambo i sessi fra poveri e signori,
Preparorno le cose necessarie,
Per far nel Tempio grandissimi onori
Come alle scorse feste Centenarie,
Fu fatto in ogni parte, e in ogni loco,
Lo stesso che al suddetto, presso a poco.
55.
Al Val d'Arno gli fa dimolto onore,
Un Tempio complicato in questo metro,
Dedicato alla Madre del Signore.
Forse a qualche città non resta addietro.
Ognun l'ammira con molto stupore
Gli piace il bel disegno, e il suo diametro,
Ed ogni di festivo a qualunqu'ora.
Ogni fedel cristian nel Tempio adora,
56.
Ma il più che mi dispiace e m'addolora,
Che venga questa Madre bestemmiata,
Da chi? Dai Turchi? Dai barbari ancora?
No no, da quelli che l'è sua avvocata.
La disprezzano e mandano in mal ora,
Come una meretrice e una sfacciata.
Ingrato popol; se le grazie immense
Si è ricevuto: ecco le ricompense I
57.
Se un Turco libertino rinnegato
O un protestante nemico del clero,
Bestemmi questo nome consacrato,
Il fallo sto per dir sia più leggero,
Ma da colui che gli è beneficato.
Ma gnamo, dove siamo col pensiero!
La gran Madre di Dio che il Ciel governa
Nostra gran colpa, gran vergogna eterna!
58.
Su via cari fratelli, risolviamo
Di mutar vita, di mutar linguaggio,
Una protesta, un giuro noi facciamo,
Alla gran Madre di non far più oltraggio.
Q Maria a Te la grazia addimandiamo:
Che in questo punto tu ci dia coraggio,
E fede salda all'intelletto nostro,
Per vincer sempre il tenebroso mostro,
59.
Qui termino l'opuscolo promesso
Meditando le glorie di Maria,
Regina saggia del vergineo sesso.
Umile, casta, mansueta e pia.
Tu prode vittoriosa, che allo stesso
Serpente t'abborriste la bugia,
E nei visceri tuoi portaste assiso,
Colui che aprì la porta al Paradiso!
Dicci la tua!
Ottave, pensieri e foto in libertà.