Chi è che semina le guerre? Se tra uno o tra dieci anni una nuova guerra mondiale scoppierà, dove troveremo il responsabile? Nell'ultima guerra la identificazione parve facile: bastò il gesto di due folli che avevano in mano le leve dell'ordigno infernale, per decretare il sacrificio dei popoli innocenti. Ma oggi quelle dittature sono cadute: oggi le sorti della guerra e della pace sono rimesse al popolo. Questo vuol dire, infatti, democrazia: rendere ogni cittadino, anche il più umile, corresponsabile della guerra e della pace del mondo: toglier di mano queste fatali leve ai dittatori paranoici che mandano gli umili a morire, e lasciare agli umili, a coloro ai quali nelle guerre era riservato finora l'ufficio di morire, la scelta tra la morte e la vita. [...] Se domani la guerra verrà, ciascuno di noi l'avrà preparata. Non potremo nascondere la nostra innocenza dietro l'ombra dei dittatori: quando c'è la libertà, tutti sono responsabili, nessuno è innocente. (Piero Calamandrei)
Sommario
erceto è una piccola frazione del comune di Rufina nella quale il 17 aprile 1944 si consumò una tragedia legata agli accadimenti bellici della seconda guerra mondiale.
Ci siamo imbattuti in questa vicenda durante le ricerche sulla Valdisieve condotte da Paola Bertoncini e Filippo Marranci. Cerca e ricerca è spuntato un libro (di rara bellezza e del quale raccomandiamo la lettura) edito dal Consiglio Regionale della Toscana e datato marzo 2014 che è a sua volta una riedizione, curata dalla sezione A.N.P.I di Rufina, di un precedente libro di memorie, edito nel 1971, dal titolo "Una vita trascorsa sotto tre regimi" di Lazzaro Vangelisti che nella strage di Berceto perse la moglie e quattro figlie.
Leggendo le ottave del Vangelisti mi "ronzavano" in mente parole che avevo sentito alcuni anni or sono da Rino Carbonai, un poeta di scrittura dotato di una memoria pachidermica, e che avevo trascritto perché mi colpirono per la crudezza dei fatti narrati. È bastato confrontare le ottave pubblicate da Vangelisti con la trascrizione delle ottave cantate da Rino per appurare che si trattava della medesima composizione da lui memorizzata e cantata. La versione ricordata da Rino è limitata agli eventi del 17 di aprile e differisce per qualche parola dal testo pubblicato forse per rendere la storia più facilmente cantabile. Riportiamo di seguito le ottave di Rino e il testo pubblicato dall'autore per dovere di completezza.
La versione di Rino
Musa suprema porgimi un aiuto
possa descriver questo fatto strano
di quello che a Berceto fu accaduto
quel barbaro flagello disumano
i fascisti italiani hanno voluto
farla la strage di sua propria mano
questa barbara gente tanto vile
che crede d'esse poi molto civile.
Il diciassette del mese di Aprile
del millenovecenquarantaquattro,
sette persone armate di fucile
avevan camminato un lungo tratto.
Con parola pietosa e assai gentile,
come diceva l’un diceva l’altro,
nella notte non avevan riposato
io di fargli alloggio fui pregato.
Uno di questi sette c’era stato
un’altra volta nei giorni passati,
da partigiano s'era presentato
mi disse questi sei oggi ho portati
e gentilmente s'è raccomandato
che tutti e sette li avessi alloggiati
dicendo per noialtri partigiani
sapete bene sono momenti strani
Risposi giovanotti siate umani,
non posso farlo abbiate pazienza,
è meglio che di qui stiate lontani
che in questo posto so per esperienza
vengono tanti dei nostri italiani
e non sappiamo se son di coscienza
che tanto male ci potrebban fare
e certe cose possiamo evitare.
Uno di loro disse ma vi pare
siamo stracchi e non si sta più in piede
in quel capanno fateci sdraiare,
si sta rinchiusi nessuno ci vede
io non sapevo più quello che fare
che siano partigiani ci si crede
ci promisero a noi di non sortire
fino all'orario che dovean partire.
Dopo mezz’ora due vennero a dire
che avevano bisogno di mangiare
un uomo disse vogliate venire
più sicuri con me potete stare
Gli fu risposto stateci a sentire
venendo ci potrebbero adocchiare
portateci quaggiù mangiare e bere
state sicuri 'un ci si fa vedere.
Il capo squadra, dovete sapere,
uscì soltanto dopo aver mangiato
io dissi a questo non fai il tuo dovere
non è così che s'era combinato
lui mi rispose 'un c'è da temere
vu lo sapete che sono informato
e mentre ero con questo a contrastare
un certo Fossati lo vidi arrivare
'Sto partigiano lo volli avvisare
che l’operaio della fattoria
si nascondesse lo stavo a pregare
aveo sentito dir ch’era una spia
Il partigiano lo va a salutare
e ci conversa come niente sia
insieme all’operaio in casa è entrato
e l’operaio una lettera gli ha dato.
Anch’io a questi mi so avvicinato
con l’operaio avevo confidenza
di questo partigiano ho domandato
se lui ci aveva di questo conoscenza
lui mi rispose un giorno sono andato
per portargli una lettera d’urgenza
or dal fattore ci devo tornare,
devo far presto non pole aspettare
E dopo poco si sente sparare
c’era dei boscaioli in quel momento
Io questo partigian volli avvisare
lui mi rispose tranquillo e contento
mi disse non dovete dubitare
qui vi assicur 'un c’è tradimento
dovete aver fiducia al mio decoro
noi si sa tutto cosa fanno loro.
Sempre più insisto e più non mi accaloro:
gliè meglio che di qui vu ve ne andiate
gli operai che lasciato hanno il lavoro
diceano a questi vu ci rovinate
andatevi a nascondere in un foro
sentite i colpi delle fucilate
questi colpi rispose quel malanno
sono i nostri compagni che li fanno
Così noi tutti si pensò all’inganno
io a faccia tosta gli volli parlare
ma si rivolta male quel tiranno
la rivoltella mi viene a puntare
vado a corsa da quelli nel capanno
a convincerli che se ne deano andare
pareva io gli dicessi un’eresia
tronca rimase ogni speranza mia
Soltanto due volevano andar via
s’eran convinti che dicessi bene
e che meglio di lì dovunque sia
e che a partir di lì a loro conviene
ma quello della lettera venia
col sangue avvelenato nelle vene
la pistola puntò alle due persone
qui voi restate senza discussione.
Da me non volle più sentir ragione
rimasero lì con la faccia tranquilla.
Io mi sentio mori' per la passione
non sapevo cosa far con la famiglia
se dovesse venire una quistione
partigiani e fascisti a far guerriglia
Dopo pochi minuti si son visti
alla capanna venire anche i fascisti
Con quelli di capanna si son misti
fanno i due partigiani allontanare
mentre il moschetto puntano a quei tristi
invece quei due volevino scappare
quegli altri cinque erino teppisti
quei due per forza vollero ammazzare
senza pensar neanche ai genitori
perder così i figlioli son dolori.
Esse' ammazzati come traditori
da un suo proprio vicino e paesano
e poi trattati di tutti i colori
dicendogli da noi state lontano
voialtri non vi meritate onori
lasciarvi vivi qui sarebbe invano
solo quei due vennero ammazzati
e dopo morti gli han rifucilati.
Il fattor che quei due avea imputati
di aver preso la roba in fattoria
avea detto di mezzo van levati
perché tutta la roba portan via
Invece gli altri furon rispettati
erano quelli che facean la spia
con il fattore avean collegamento
scrivendosi per darsi appuntamento.
Visto di questi tutto l’andamento,
due mie figliole assieme a due bambini
di uscir di casa han fatto appena in tempo
e non li videro i barbari assassini
ma un’altra squadra di rastrellamento
che eran lì da noi molto vicini
vide i miei figli stavano a scappare
e su di lor si misero a sparare.
Una di queste la vidi cascare
credevo che l’avessero colpita
Il cuore in seno mi sentii gelare
ma per fortuna la rimase in vita
venne da me e si mise a raccontare
senza l'altre da casa era partita
nin quel mentre a casa s'è sentito
i miei cari urlar restai avvilito
da questo estremo grido fui colpito
perché da loro non potevo andare
caddi a terra svenuto ed avvilito
e non so quanto stiedi a ripigliare
senza più sensi come aver dormito
e come fosse stato un mio sognare
dei miei non vedo e sento più segnali,
vedo le case in fiamme tutte uguali
e quelle dei vicini tali e quali
ma quella della spia hanno rispettato
che portava le lettere a quei tali
una quella mattina avea portato
come si trova scritto nei verbali
che dal fattore era comandato
invece noi che s’era lì vicino
non si poteva aver peggio destino
Dei fucilati vi dico un pochino
Ebicci Torello e anche la sua nora
nella famiglia del Soldeti Gino
ucciso il padre e la sua figlia ancora
poi altri cinque tutti in quel mattino
di mia famiglia ve ne parlo ora
se avrò costanza che mi regga il cuore
di rinnovare l’immenso dolore
Io entro in casa tra fumo e calore
non so chi mi donò tanta costanza
la vidi morta mia figlia maggiore
colpita al cuore e non c’era speranza
in quell’abisso e tragico dolore
le altre quattro trovai nell’altra stanza
trucidate così barbaramente
spezzato il capo avean completamente
In fin di vita una solamente
segni di vita lei poteva dare
la presi in braccio ma fu inutilmente
lei mi guardava e non potea parlare
avrà voluto dir di quella gente
ma neanche quella potetti salvare
ricoperta di sangue in quel macello
credere non si può senza vederlo
Io fori la portai da quel flagello
perché il fumo faceva soffocare
rotto il cranio avea fuori il cervello
nelle mie mani la vidi spirare
Sopra a questa giurai se trovo quello
farò tutto per farlo condannare
subito dopo il fronte ho incominciato
a interessarmi a chi pole esse' stato.
Qui finisce la versione di Rino; in realtà la storia è molto più lunga e interessante. Cliccando qui si può continuare a leggere da questo punto in avanti; oppure è possibile ricominciare daccapo per confrontare scritto e memoria.
La versione stampata
Musa superna porgimi un aiuto:
possa descriver questo fatto strano
di quello che a Berceto fu accaduto,
quel barbaro flagello disumano!
I fascisti italiani hanno voluto
fare la strage con sua propria mano,
questa barbara gente così vile
si crede poi così di essere civile.
Il diciassette del mese di Aprile
del millenovecentoquarantaquattro,
sette persone armate di fucile
avevan camminato un lungo tratto.
Con parola pietosa e assai gentile,
come diceva l’un diceva l’altro,
nella notte non avevan riposato
io di fargli alloggio fui pregato.
Uno di questi sette c’era stato
un’altra volta nei giorni passati,
e come partigian si era presentato.
Mi disse: – Questi sei oggi ho portati –
e gentilmente si è raccomandato
che tutti e sette li avessi alloggiati,
dicendo: – Per noialtri partigiani
sapete ben, sono momenti strani. –
Risposi: – Giovanotti siate umani,
non lo posso far, abbiate pazienza,
di qui è meglio voi stare lontani
che in questo posto, lo so per esperienza,
vengono tanti dei nostri italiani;
non sappiamo se tutti avran coscienza,
che tanto male a noi potrebber fare
e queste cose possiamo evitare.
Uno di questi rispose: – Vi pare,
siamo stanchi, non si sta più in piede,
in quella capanna lì fateci andare,
si sta rinchiusi e nessun ci vede.
Io non sapevo più quello che fare,
che siano partigiani noi si crede;
poi promisero a noi di non sortire
fino a quell’ora che dovean partire.
Dopo mezz’ora due vennero a dire
che avevano bisogno di mangiare.
Un uomo disse: – Vi prego di venire,
più sicuri con me potete stare. –
Gli fu risposto: – Stateci a sentire
venendo ci potrebbero adocchiare,
portateci voi qui mangiare e bere,
state sicuri, non ci si fa vedere. –
Il capo squadra, dovete sapere,
uscì fuori dopo aver mangiato.
Io dissi a questo: - Non fai il tuo dovere,
non è così che si era combinato. –
Lui mi rispose: – Non dovete temere,
sappiate bene, anch’io sono informato. –
Mentre stavo con questo a contrastare
un certo Fossati io vedo arrivare.
Questo partigiano volli avvisare
che l’operaio della fattoria,
(“si nascondesse” lo stavo a pregare)
aveo sentito dir ch’era una spia.
Il partigiano lo va a salutare
e ci conversa come niente sia;
insieme all’operaio in casa è entrato
e l’operaio una lettera gli ha dato.
Anch’io da questi mi sono avvicinato,
con l’operaio avevo confidenza.
Di questo partigiano ho domandato
se lui ci aveva molta conoscenza.
– Sì, mi rispose, un giorno sono andato
a portargli una lettera d’urgenza.
Ora dal fattore io devo tornare,
devo far presto, non pole aspettare. –
E dopo poco si sente sparare,
c’era dei boscaioli in quel momento.
Io questo partigian volli avvisare,
lui mi rispose tranquillo e contento,
mi disse: – Non dovete dubitare,
qui, vi assicuro, non c’è tradimento;
dovete aver fiducia al mio decoro,
siamo informati cosa fanno loro. –
Sempre di più insisto e non mi accoro:
– E’ meglio che di qui voi ve ne andiate –
gli operai che lasciato hanno il lavoro
dicevan a questi: – Voi ci rovinate,
andatevi a nascondere in un foro,
sentite i colpi delle fucilate! –
– Questi colpi, rispose quel malanno,
sono i nostri compagni che li fanno. –
Così noi tutti si pensò all’inganno
io a faccia tosta gli volli parlare.
Mi si rivolta male quel tiranno
e la rivoltella mi viene a puntare.
Parto, vado da quelli nel capanno
a convincerli che devono andare.
Pareva io gli dicessi un’eresia
tronca rimase ogni speranza mia.
Soltanto due volevano andar via
s’eran convinti ch’io dicessi bene,
e che meglio di lì ovunque sia
e che partir di lì a lor conviene.
Ma quello della lettera venia
con sangue avvelenato nelle vene,
la pistola puntò alle due persone:
– Qui voi restate senza discussione! –
Non volle più da me sentir ragione,
rimasero lì con faccia tranquilla.
Io mi sentivo morir dalla passione,
non sapevo cosa far con la famiglia,
se dovesse venire una quistione
partigiani e fascisti far guerriglia.
Dopo pochi minuti si son visti
alla capanna venire anche i fascisti.
Con quelli di capanna si son misti,
fanno i due partigiani allontanare
mentre il moschetto puntano a quei tristi,
invece quei due volevano scappare;
gli altri cinque erano teppisti
quei due per forza vollero ammazzare
senza pensar neanche ai genitori;
perdere i figli così son gran dolori.
Essere ammazzati come traditori
da un suo proprio vicino paesano
e poi trattati di tutti i colori,
dicendogli: – Da noi state lontano,
voialtri non vi meritate onori,
lasciarvi vivi qui sarebbe invano. –
Solo quei due vennero ammazzati
e dopo morti li han rifucilati.
Il fattor che quei due avea imputati
di aver preso la roba in fattoria
avea detto: – Di mezzo van levati
perché tutta la roba portan via. –
Invece gli altri furon rispettati,
erano quelli che facean la spia:
con il fattore avean collegamento
scrivendosi per darsi appuntamento.
Visto di questi tutto l’andamento,
due mie figlie insieme a due bambini
di uscir di casa han fatto appena a tempo
e non li videro i barbari assassini.
Ma un’altra squadra di rastrellamento
che eran lì da noi molto vicini,
vide i miei figli stavano a scappare
e si di essi si misero a sparare.
Una di queste la vidi cascare,
credevo che l’avessero colpita.
Il cuore in seno mi sentii gelare
ma per fortuna la rimase in vita;
venne da me e si mise a raccontare:
senza le altre da casa era partita.
In quel mentre a casa si è sentito
i miei cari urlar: restai avvilito.
Da questo estremo grido fui colpito
perché da loro non potevo andare.
Caddi a terra svenuto ed avvilito
e non so quanto stiedi a ripigliare,
senza più sensi, come aver dormito
e come fosse stato un mio sognare.
Dei miei non vedo e sento più segnali,
vedo le case in fiamme, tutte uguali.
E quelle dei vicini tali e quali.
Ma quella della spia han rispettato
che portava le lettere a quei tali.
Una la mattina stessa avea portato,
come si trova scritto nei verbali,
che dal fattore era comandato;
invece noi che s’era lì vicino
non si poteva aver peggio destino.
Dei fucilati vi dico un pochino:
Ebicci Torello e anche sua nora,
nella famiglia del Soldeti Gino
ucciso il padre e la sua figlia ancora.
Poi altri cinque tutti in quel mattino.
Di mia famiglia ve ne parlo ora
se avrò costanza che mi regga il cuore
di rinnovare l’immenso dolore.
Io entro in casa tra fumo e calore,
non so chi mi donò tanta costanza,
la vidi morta mia figlia maggiore,
colpita al cuore e non c’era speranza;
in quell’abisso e tragico dolore
le altre quattro trovai nell’altra stanza
trucidate così barbaramente
spezzato il capo avean completamente.
In fin di vita trovai una solamente
segni di vita lei poteva dare.
La presi in braccio ma inutilmente,
lei mi guardava e non poteva parlare,
avrà voluto dir di quella gente.
Ma neanche quella potiedi salvare;
ricoperta di sangue in quel macello
credere non si può senza vederlo.
Io fori la portai da quel flagello
perché il fumo faceva soffocare.
Rotto il cranio, fori avea il cervello,
nelle mie mani la vidi spirare.
Sopra a questa giurai: – se trovo quello,
tutto farò per farlo condannare. –
Subito dopo il fronte ho incominciato
a interessarmi a chi può esser stato.
Per primo fu il fattore interrogato,
che denunziato aveva i partigiani,
a capo settore era incaricato.
E questa zona è nelle sue mani,
avea detto: – quel posto va bruciato! –
Poi difendeva i suoi repubblicani,
dicendo questo lui sembrava digiuno:
– repubblichini non c’è più nessuno. –
Però aspettava il momento opportuno
le spie tra i partigiani d’informare;
gli mandava le lettere per uno
che oggi questo vorrebbe negare
perché si son da sé scoperti ognuno.
Con più testimoni un si può sbagliare:
sono di questa strage la cagione
è così chiaro per qual sia ragione.
Oggi dicon così queste persone:
– abbiam tanto denaro sufficiente
e la legge ci dà sempre ragione
a noi nessuno ci potrà far niente –
io mi sento morir dalla passione
dovendo contrastar con questa gente.
Giuro sopra ai miei cari: son sincero,
quello ch’io scrivo qui è tutto vero.
Era il fattore con quel fez nero
della strage di Berceto la cagione,
da lui andò un alleato ex prigioniero.
Ma neanche di questo ebbe compassione,
era alleato l’esercito intero.
L’inglese sperava buona l’occasione:
avea la ricevuta preparato,
a chieder due mila lire si è azzardato.
In quella ricevuta avea spiegato:
– Dio salvi l’Italia e l’Inghilterra –
con tante grazie e si è sotto firmato
come facevan i prigionier di guerra.
Però questo fattore gli ha sparato
così il povero inglese cade a terra;
in fattoria morì tra pene e doglie,
lasciò nel pianto la figlia e la moglie.
Però questo fattore un si distoglie,
e dopo un anno viene al camposanto
là sulle tombe che chiudon le spoglie
dei nostri cari che si amava tanto;
anche delle mie figlie e di mia moglie
e quella dell’inglese lì accanto.
Questo fattore venne lì presente
come se di tutto lui fosse innocente.
Per Ognissanti c’è tanta gente,
ché non si può nasconder cosa è vero,
e al fattor fu detto: – Delinquente! –
Rispose: – Una l’ho fatta e un’altra spero. –
Di far querela a questi, lui si sente,
che l’hanno offeso lì nel cimitero;
poi furon condannati in istruttoria,
è cosa degna di metter alla storia.
Che eterna sia per sempre la memoria,
il terribile agir di questa gente,
che poi l’autorità li tiene in gloria
più di quello che vive onestamente.
Gli par di avere avuto una vittoria
a aver mandato assolto un delinquente,
aver tradito patria e anche fratelli
di carne umana aver fatto macelli.
Oggi questi si deve vederli,
ognuno al suo posto è ritornato.
Io credevo di condannar quelli,
invece noialtri hanno condannato!
La legge li protegge quei ribelli
che tanti innocenti hanno ammazzato;
perché i veri assassini sono stati
sempre d’accordo con i magistrati.
In tribunale si fu interrogati
e al chiaro fu messa la ragione;
sentiti di noi tutti i risultati,
ai fascisti toccava la prigione
ché da se stessi si sono condannati,
quando hanno fatto la sua deposizione.
Ma il tribunal non era autorizzato
e alla corte di Assise ha rimandato.
Io vidi nel giornale pubblicato:
– La corte il processo non vuol fare,
perché la procura ha già fissato
gli imputati assolti di mandare. –
Tradito fui anche dal mio avvocato,
tutte le strade mi vedo serrare.
Son sempre quelli da tanti milioni
e così questi han sempre le ragioni.
Si credon della legge esser padroni
per voler pubblicar queste parole,
quelli alla legge sono i lor garzoni
e devon far cosa il padrone vuole.
Così si avveran questi paragoni,
– perché il processo suo far non si pole? –
Per noi poveri han fatto differente,
uno lo han fatto e un altro l’è presente.
Così è trattata la povera gente,
per gli operai non c’è compassione,
sacrificati noi barbaramente,
peggio che fu ai tempi di Nerone.
Pei nostri cari un affetto si sente
forse più di un marchese o di un barone.
Se questi non verranno giustiziati
vuol dir che schiavi siamo ritornati.
Sapendo tutto i nostri magistrati
sapevan bene che noi si avea ragione,
sapendo a cosa noi ci siam trovati
e chi di questo stato è la cagione.
Pure innocenti li hanno condannati,
che coscienza può aver queste persone?
che tanta autorità data gli sia,
oggi l’è questa la democrazia.
Il Procuratore general Fumia
col giudice istruttore Saladini
non crede ai testimoni né alla spia,
ascoltan solo quelli dei quattrini,
per loro noi si dice la bugia.
Ma noi che al fatto eravam vicini
abbiam veduto, udito e constatato,
cosa si dice noi non è apprezzato.
Dal giudice istruttore sono andato
su di questo si prese discussione.
Gli dissi: – Cosa fate? – al magistrato –
se non apprezza la deposizione. –
A queste parole rimase umiliato,
non mi diede né torto né ragione;
rispose: – Questo per me niente vale,
riguarda la Procura generale. –
Io gli risposi: – Lei ha fatto uguale,
li avete messi assolti tante volte,
ne hanno fatte più loro di Marziale,
sarebbero degni di pena di morte.
Le deposizioni fanno il bene e il male
poi i verbali restano alla corte;
per giudicare chi ha depositato
il più che preme non è registrato. –
Mi rispose: – Voi chi vi ha informato
che tutti i fatti non son registrati? –
Risposi: – Io son sicur, non ho sbagliato
e lo sapevan tutti i magistrati –
gli dissi – nei verbali ch’io vi ho dato
dei falsi partigiani già arrestati
si eran condannati da se stessi
e per questo in prigion furono messi. –
Rispose: – Quelli erano dei fessi
ma io credo di fare il mio dovere,
non aveo bisogno che me lo dicessi
ora al consiglio si potrà vedere.
Torto o ragione chi di voi avessi
queste son cose ancora da sapere;
per me questo non fa differenza,
credo di far le cose con coscienza.
Disse queste parole in mia presenza,
ci lasciammo così un po’ adirati
credevo presto veder la sentenza,
invece i verbali vennero archiviati,
qui successe una grave inconvenienza:
circa sei mesi erano passati
e al giudice istruttore sfortunato
una morte misteriosa gli è toccato.
Il giudice a lor piacere fu trovato
e l’istruttoria firmò senza coscienza.
I criminali assolti hanno mandato
e si risulta noi la delinquenza;
certo che d’assassinio si è trattato
e ammazzata fu tanta innocenza,
e questa verità noi approviamo
così per questo condannati siamo.
Condannati innocenti noi restiamo
lo sa chi ha letto la deposizione,
quella fatta dal falso partigiano
e dalla spia che portava informazione.
La Madre generale ed il Piovano
in tribunale han fatto confusione:
questa diceva differente a quello,
feci ricorso alla Corte d’appello.
Io volevo al chiaro metter quello
ma tutte le ragioni erano invano.
Per salvare chi fece quel flagello
ha giurato il falso anche il Piovano.
Però il Marchese, dovete saperlo,
l’ordine lui l’aveva dato umano;
aveva detto a quella gente: – Andate,
però come a Vallucciole non fate. –
E così queste bande bene armate
a Vallucciole misero terrore,
centotrenta persone fucilate
in quelle famiglie resta il crepacuore.
A Berceto nove ne han trucidate,
di una fui sposo, di quattro genitore,
fin da certa distanza si sentia
la lor pietosa e tragica agonia.
Circa tre anni avea una figlia mia
anch’essa fracassata avea la testa,
il cervello gli han fatto schizzar via
era nelle pareti e alla finestra.
Non sarà stata partigiana o spia,
le altre credo innocenti come questa.
E poi questi assassini han dichiarato
che undici ribelli hanno ammazzato.
In questo atroce dolore son restato,
lacrime agli occhi con pianto alla gola;
allora innocenti uccisi or condannato
credo vi basti questa di parola.
Il lettore non vorrei farlo annoiato,
termino qui questa parola sola:
chiedo perdono, scusatemi tanto
se vi ho annoiato al doloroso canto.