Storia di un contadino toscano

Genesi di uno spettacolo

Un ricordo

Conobbi Pietro Pinti (1927 – 2011) tramite Giovanna Sarri che si stava avvicinando in quel periodo alla poesia improvvisata. Ella aveva suscitata la curiosità di tutti noi che gravitavamo intorno all’ottava rima portando a una delle nostre periodiche riunioni un libro dalla copertina grigia sulla quale spiccava la faccia cogitabonda di un vecchio. Presi quel libro tra le mani, ne lessi una trentina di pagine e chiesi dove avrei potuto procurarmene una copia.

Quel medesimo pomeriggio fui accompagnato a Rendola a comprarla.

Marco Betti

Trovai Pietro che sedeva al meriggio di un arco. Fui presentato come poeta: mi fu subito chiesta un’ottava che diedi volentierissimo. Alla mia ottava rispose Giovanna poi, dopo un po’ di silenzio, Pietro cominciò a frugare la sua memoria e cominciò a citare nomi di poeti e storie locali scritte in ottave e delle quali egli rammentava ancora qualche verso. Fu una conversazione piacevolissima che terminò quando Pietro si alzò per andare in cucina a preparare la cena e a prendere la copia del libro che gli avevo chiesto e sulla quale scrisse semplicemente “A Marco di Bucine
Quella fu la prima delle tante visite che feci a Rendola nel corso degli anni sempre accompagnato da qualche poeta perché a Pietro piaceva ascoltare i poeti e raccontare e a me piaceva cantar di poesia e ascoltare ricordi.

L’idea dello spettacolo

I protagonisti dello spettacolo

Quel libro grigio che “ascoltavo” ogni volta che andavo a trovare Pietro era sempre nel mezzo. Pareva che non avesse pace: così dallo scaffale in alto si spostava a quello in basso da lì alla mensola (così lo trovo subito), poi dalla mensola al comodino (così mi addormento contento) e dal comodino al divano (almeno lo vedo e mi ricordo di metterlo a posto). Fatto sta che un posto quel libro non l’ha mai avuto e ancora gira per casa con tutto il suo corredo di annotazioni e di appunti e il segnalibro sulla penultima pagina perché, parrà strano ma è così, ancora dal 2007 non ho finito di leggerlo. Mi manca ancora il corsivo di Jenny Bawtree che conclude il volume.

Nel 2009 si presenta l’occasione di far esibire a Terranuova Bracciolini due bravi poeti estemporanei: Emilio Meliani e Stefano Cincinelli; io avevo l’onere di condurre la serata e avevo già pensato di seguire un filo narrativo lungo il quale guidare il pubblico all’ascolto e assegnare ai poeti i temi da cantare. Fatta questa bella pensata lascio che il tempo scorra e mi ritrovo la mattina stessa dell’esibizione con tanti buoni propositi e nessun filo narrativo da seguire. Decido di buttarmi sull’attualità. Benedetto XVI proprio qualche giorno prima aveva fatto in Africa delle dichiarazioni sui preservativi che avevano scatenato un vespaio di polemiche e poi, sempre in quel periodo, c’era un buon fermento politico da sfruttare grazie all’imminente nascita del partito chiamato Il popolo delle Libertà e soprattutto c’era stata qualche tempo prima l’elezione negli Stati Uniti d’America del primo presidente nero della storia.
Comincio un febbrile taglia e cuci di articoli di giornale per “trovare” le parole e i temi guida della serata; tuttavia più avanzo col lavoro e più ne rimango disgustato. Tutto mi pareva forzatamente sistemato e privo di spontaneità e naturalezza.

Lorenzo Michelini

Decido che Barack, Benedetto e Silvio non fanno al caso mio e li accantono.

Provo a buttarmi sulla primavera ma mi sembra subito un tema fritto e rifritto. Pensa e ripensa mi trovo tra le mani il libro di Pietro. Fui salvo. Scelgo 4 o 5 brani da leggere e via sul palco. Venne fuori una serata meravigliosamente equilibrata e brillante. Grazie a Pietro e alle sue parole.

L’anteprima

Da quel marzo 2009 sono passati 8 anni; nel frattempo Pietro è morto e sua nipote Sara decide di organizzare a Rendola ogni anno la festa contadina per ricordare la memoria del nonno e per radunare tutti i rendolesi. Chiede a me se posso collaborare in qualche modo all’evento: «Sicuro – risposi – possiamo mettere in scena lo spettacolo tratto dal libro di tuo nonno.»
Fissiamo la data: 11 giugno 2016. Raduno un’ottima squadra e comincio a selezionare i testi integrandoli con un repertorio canoro, colto e popolare, per cercare di ricostruire il contesto culturale nel quale Pietro ha vissuto e si è formato. Scelgo le canzoni e le passo all’amico Morbidelli perché le adatti alla nostra piccola orchestrina (clarinetto, tromba, fisarmonica e tuba contrabbassa).

Tre prove, un paio di aggiustamenti e finalmente andiamo in scena. A quella prima data ne sono seguite altre quattro tutte finalizzate al rodaggio dello spettaccolo.

Finalmente dopo tre anni lo spettacolo debutta all’Auditorium Le Fornaci di Terranuova Bracciolini grazie all’amministrazione comunale che lo inserisce nelle manifestazioni pensate per la giornata internazionale della Poesia.

Il testo

Madoka Funatsu, Niccolò Perferi, Francesco Morbidelli

Il testo non è un adattamento ma una selezione dei brani del libro inframezzati da musiche e canti della tradizione popolare toscana e dalle “canzonette” nazionalpopolari che venivano trasmesse dalla radio all’epoca dei fatti raccontati da Pietro. Le ottave sono state scritte da poeti estemporanei coevi o poco più vecchi di Pietro.

L’unico intervento “contemporaneo” è rappresentato da quattro stornelli improvvisati da Lorenzo Michelini verso la fine dello spettacolo.

Jenny e Nicholas Bawtree

Se il libro esiste lo dobbiamo al lavoro di raccolta e curatela di Jenny Bawtree, proprietaria dell’Agriturismo Rendola Riding, e di suo figlio Nicholas che hanno aiutato Pietro nella stesura di questa sua interessantissima biografia che rende un’immagine lucida e veritiera della società Toscana tra gli anni ‘30 e gli anni ‘70.
A loro, alla casa editrice Terra Nuova e alla famiglia Pinti va pure un ringraziamento speciale per aver autorizzato lo “sfruttamento” teatrale del loro preziosissimo lavoro.


Pietro Pinti in un filmato ripreso da YouTube

 

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