Il mondo dell'oralità
Il passaggio dalla tradizione orale a quella scritta segna una frattura epistemica, infatti la scrittura introduce un nuovo stile cognitivo indicato come pensiero letterario (o alfabetico), il quale è un "pensiero argomentativo", causale, che procede per analisi e sintesi e lavora non su oggetti concreti ma su concetti.
Ivan Illich (1926 - 2002)
a questione è complessa e naturalmente non esauribile con questo scritto che ha il solo scopo di dare un'infarinatura molto leggera di quello che sono, possono essere, sono state e potrebbero essere le tradizioni popolari. Bisogna partire dal concetto di cultura della quale sono state date molte definizioni ─ tute esatte e tutte incomplete ─ noi scegliamo quella di Ulf Hannerz:
Dal mio punto di vista la cultura [...] risiede in una serie di forme significanti pubbliche che solitamente possono essere viste o ascoltate […] D'altro canto, queste forme esplicite assumono significato solo in quanto le menti umane contengono gli strumenti per interpretarle. Il flusso culturale consiste nelle esternazioni di significati che gli individui producono attraverso adattamenti di forme generali, e nelle interpretazioni che gli individui forniscono di tali manifestazioni.
U. Hannerz, La complessità culturale, Il Mulino, Bologna, 1998
Potremmo riassumere dicendo che la cultura è l'insieme dei significati che gli individui acquisiscono dalla società e che alla società ripropongono rielaborati e che dunque la cultura è l'insieme dei significati che gli individui creano in quanto membri di una società: una cultura collettiva. Gli strumenti di cui parla Hannerz vengono "posti" nelle menti delle persone dall'educazione e dalla formazione attraverso il processo della inculturazione, cioè l'acquisizione dei tratti culturali all'interno del proprio gruppo umano, e dell'acculturazione, cioè l'acquisizione di tratti culturali alieni al gruppo umano di appartenenza. In questo processo di riproduzione culturale ad ogni generazione si assiste ad un cambiamento, migliore o peggiore, degli strumenti, dovuto alla rielaborazione dei significati acquisiti. Le tradizioni popolari possono perciò essere un modo di trasmissione dei significati culturali ed essere significati esse stesse.
Verità putativa
Ogni gruppo umano si preoccupa di trasmettere ciò che è vero, non ciò che è assolutamente vero ma ciò che è reputato vero, una sorta di verità putativa; chi trasmette il falso viene stigmatizzato e in certi casi punito anche con severità. Nel caso delle tradizioni popolari la trasmissione della verità avviene oralmente, tant'è che un sinonimo di tradizione popolare usato molto spesso è tradizione orale; ciò porta a pensare che il mondo dell'oralità sia il regno dell'analfabetismo e non semplicemente un mondo nel quale la parola non si scrive e nel quale la scrittura è conosciuta e funzionale non tanto alla narrazione quanto all'amministrazione delle attività umane; in fondo si ipotizza che la scrittura sia nata per tenere traccia delle sementi assegnate ad ogni contadino nella mezzaluna fertile più di tremila anni fa quando la memoria, e gli altri stratagemmi usati all'uopo, come le tavolette mesopotamiche, si dimostrarono molto meno agevoli di un elenco scritto. Nelle tradizioni c'è dunque del vero reputato tale ed è per questo che sono state sempre importanti per l'umanità.
Il mondo dell’oralità
L’uomo dell’oralità è legato a sé stesso e al suo passato; è legato al mito che gli dà senso e che in ogni momento gli conferma chi è e da dove viene indicandogli al contempo dove andrà. Ciò che è importante per l’uomo dell’oralità è la tradizione ( dal latino tradĕre cioè lasciato detto, trasmesso, tramandato) una verità tanto è più antica e tanto più è vera; un sapere legato alla memoria la quale deve essere costantemente ripetuta; la ripetizione avviene attraverso la parola cantata poiché ritmo e musica consentono una facile memorizzazione e un’altrettanto facile ripetizione. Il sapere si concentra dunque nelle figure deputate a questo servizio, i poeti, che affidano alla poesia, che non ha finalità estetiche ma educative, gl’insegnamenti necessari a vivere nella comunità: come si ricevono gli ospiti, come ci si rapporta con le divinità, come ci si sposa, come si allevano i figli, eccetera, rappresentano il sapere da trasmettere. L’uomo dell’oralità non ha un perché delle cose, e non lo cerca, ma un esempio delle cose stesse che perpetua di generazione in generazione perché le ritiene buone e giuste; l’uomo dell’oralità è un uomo emozionale che si lascia trasportare dalle sensazioni che il mito gli offre: poesia, canto, teatro offrono soluzioni tradizionali a problemi ordinari compiendo l’educazione dell’individuo.
I valori dell’oralità
Per fare un esempio di quali possano essere i valori dell'oralità ci rifaremo all'Iliade nella quale si narra un mondo antichissimo e la prima guerra della quale si abbia una testimonianza.
L’Iliade è la narrazione di 51 giorni dell’ultimo anno della guerra di Troia combattuta realmente tra il XIII e l’XI secolo a. C. sullo stretto dei Dardanelli per il controllo economico dello stretto medesimo. Il poema, pur mescolando mondo reale e mondo mitologico, è importante perché ci restituisce la narrazione della guerra più antica che conosciamo e ce la restituisce dal punto di vista dei protagonisti: gli alleati Achei da un lato e i Troiani e i loro alleati dall’altro. Il poema narra di continue battaglie alle quali non disdegnano di partecipare anche gli dei (teomachia) che sotto mentite spoglie si battono dall’una e dall’altra parte e interferiscono negli eventi. Tra una battaglia e l’altra si narrano anche momenti di pausa durante i quali si espongono i valori sui quali quelle civiltà si basavano e che sono molto simili ai mondi dell'oralità contemporanei o da poco scomparsi come la civiltà contadina.
Suonatori tradizionali
L’eroe
Un valore è quello dell’eroe omerico, ─ che potremmo paragonare a qualsiasi eroe ─ il combattente perfetto nelle virtù che si batte per salvaguardare la propria gloria e per difendere il proprio onore riconosciutogli dalla comunità alla quale egli era esempio di virtù, esempio che sarebbe sopravvissuto all’eroe medesimo e trasmesso alle generazioni future dal canto dei poeti e si sarebbe riverberato sui propri discendenti andando a costituire l'epica popolare. Achille arrabbiato con Agamennone si rifiuta di combattere perché si tratta del suo onore e della sua gloria e, ancorché alleato con gli altri achei, non è obbligato a combattere se non vuole farlo. Ettore, respinge le richieste di non combattere della moglie Andromaca, adducendo che sarebbe vergognoso sottrarsi al suo dovere e non combattere per la propria gloria e ricorda alla consorte che se lui avesse perso e lei fosse andata schiava nessuno guardandola avrebbe potuto mettere in dubbio che fosse stata la moglie del glorioso Ettore. Si tratta di valori importanti per gli uomini dell’oralità che, come si è detto, non hanno la “ragione” delle cose ma solo “esempi” che si tramandano oralmente narrando le gesta dei padri perché "così si è sempre fatto e così è bene che si faccia".
Il legame atavico
Un altro valore messo in luce dal poema è quello della riconoscenza verso i padri ai quali l’uomo dell’oralità è perpetuamente vincolato. Diomede e Glauco stanno per duellare ma Diomede, temendo di doversi scontrare con qualche dio dalle sembianze umane, chiede a Glauco di declinare la propria stirpe (la discendenza patrilineare). Glauco pur sostenendo che la stirpe poco conta perché l’uomo passa e le generazioni si rinnovano ciclicamente, e a tal proposito usa la famosa metafora delle foglie e della foresta, declina la propria genealogia finché i duellanti non si rendono conto che i loro nonni furono legati da un vincolo di amicizia e furono vicendevolmente ospiti. I due decidono di non battersi scambiandosi le armi, indipendentemente dal loro valore, in nome del vincolo atavico che lega le due stirpi e al quale anche loro si sentono legati; l’ospitalità era sacra e protetta da Zeus e fondamentale, in un mondo costellato da continue guerre e inimicizie, per poter permettere un reciproco scambio tra gli individui. Così come l'ospitalità ancora oggi ci porta, forse con meno cerimonialità, a prodigarci affinché i nostri ospiti abbiano il miglior agio possibile; non molti anni fa era ancora un'usanza radicata, e oggi scomparsa, mostrare la casa ai visitatori e offrire loro da mangiare e da bere.
Il rispetto dei morti
Un altro valore importante che si evidenzia nell'Iliade è il rispetto per i morti al quale ogni uomo, formato secondo i valori della società, nel nostro caso di quella cantata nell’Iliade, non può sottrarsi. È il caso di Achille che davanti alle richieste di Priamo, padre di Ettore, abdica l’ira che lo pervade e concorda una tregua, che tutti sono chiamati a rispettare, affinché Priamo possa onorare, seppellire e piangere il figlio preservato, tra l’altro, per volontà divina, dallo sfiguramento allorché Achille, dopo averlo ucciso, lo trascina legato ad un carro intorno al sepolcro di Patroclo. Il rispetto per i morti è un valore che potremmo definire universale; l'elaborazione collettiva del dolore per la perdita di una cara persona, e dunque la ritualità legata al lutto, accompagna ogni forma di società umana fin dagli albori dell'umanità e ancora oggi la profanazione dei defunti è considerata un’azione aberrante.
Le tradizioni popolari
L'esempio tratto dal poema omerico è utile a stabilire quanto lontani nel tempo siano certi significati e come essi, modificati di generazione in generazione, siano giunti a noi attraverso la trasmissione orale. È il caso del teatro popolare che "propone" sempre soluzioni semplici a problemi quotidiani; è il caso dei fattacci cantati dai cantastorie e nei quali sempre c'è un insegnamento, una valutazione, morale; è il caso dei lamenti nei quali si canta le conseguenze dell'ingiustizia; è il caso dei poeti estemporanei ai quali vengono ancora affidati dei contrasti su temi di scottante attualità; è il caso delle storie, come per esempio quella di Genoveffa, Pia de' Tolomei, Tiburzi; la storie sacre di S.Isidoro, S. Rocco, che tramandano ad imperituro esempio i valori, le credenze, i saperi di una civiltà; non meno importanti sono i riti "magici", le pratiche curative, i segni apotropaici.
Le tradizioni si basano sulle relazioni, le relazioni hanno bisogno di tempo, di frequentazione assidua, di complicità e di condivisione. Qualcosa è già cambiato, qualcosa sta cambiando, e il futuro è forse già cominciato. Ma questa è un'altra storia.
Bibliografia minima
P. Toschi, Guida allo studio delle tradizioni popolari, Boringhieri, Torino 1962
A. M. Cirese, Culture egemoniche e culture subalterne, Palumbo, Palermo, 1971
U. Hannerz, La complessità culturale, Il Mulino, Bologna, 1998
G. Cocchiara, Storia del folklore in Europa, Bollati Boringhieri Torino, 2016
N. Tommasini, Folklore, magia, mito o religiosità popolare, Ecumenica Editrice, Bari 1980
P. Clemente; F. Mugnaini, Oltre il folklore. Tradizioni popolari e antropologia nella società contemporanea, Carocci Editore, Roma 2001
H. Bausinger, Cultura popolare e mondo tecnologico, Guida Editore, Napoli 2006