La Passione secondo Lucaetti

Foto di copertina di: congerdesign da Pixabay

«Soccurre, donna, adiuta,
cà ’l tuo figlio se sputa
e la gente lo muta;
òlo dato a Pilato».

«O Pilato, non fare
el figlio meo tormentare,
ch’eo te pòzzo mustrare
como a ttorto è accusato».

«Crucifige, crucifige!
Omo che se fa rege,
secondo la nostra lege
contradice al senato».
(Jacopone da Todi, Donna de paradiso, vv 20-31)

La lauda è un inno paraliturgico che può utilizzare un'ampia varietà di forme metriche. Il Cantico delle creature è già di per sé una lauda e proprio nel Duecento si diffonde la pratica di cantare le laudi (prima in latino poi in volgare). La lauda dunque non è una forma metrica ma una composizione polimetrica che con Jacopone da Todi assume la forma della ballata o di una composizione in quartine di di ottonari o settenari. La lauda come forma è arrivata fino a giorni nostri cambiando col cambiare dei tempi; quando viene messa al servizio della sacra rappresentazione fa ampio uso dell'ottava rima. La sacra rappresentazione e la lauda sono modalità di educazione di tipo didascalico, finalizzate al superamento del testo sacro per giungere più direttamente alle masse popolari le quali hanno sempre dimostrato un certo gradimento per questo genere letterario. La prima rappresentazione sacra storicamente acclarata è il presepio vivente di Greccio voluto da S. Francesco d'Assisi  nel 1233.

La letteratura popolare è piena storie sacre riguardanti le vite dei santi, i fatti biblici e gli accadimenti miracolosi. Le ventisette ottave che proponiamo, pubblicate da Daniele Lucaetti nel 1892, sono senza dubbio una lauda popolare finalizzata a raccontare la passione, la morte e la resurrezione di Cristo.

Passione e morte di Gesù Cristo

1

Colmo del genio che mi diè natura,
Io ti voglio far nota, o popol mio,
La storia del Signor sacrata e pura,
Che per noi si nomò figlio di Dio.
Sulla terra scendea con tanta cura,
Acciò dell'uman genere il desìo
Si rivolgesse a quella santa fede,
Che l'uom bennato osserva, adora e crede.

2

Quando l'Eterno dalla sua gran sede
Già col genere umano era sdegnato,
Perchè ogni giorno lacerar si vede
Da quei che di sua mano Egli ha creato,
Conto di tali offese al mondo chiede,
Perchè più non vuol essere straziato;
Ma chi forte castigo ha preveduto,
S'incarna per pagare ogni tributo.

3

Quando alla luce in terra fu venuto,
Cercato era dal Re di Galilea;
Di trucidarlo Erode è risoluto,
Perchè perder corona si credea.
Cristo, acciò l'uomo non fosse perduto,
D'andarsene in Egitto risolvea,
E allontanarsi dai furori ardenti
Ti chi la strage fea degl' Innocenti.

4

Ai voli dello studio alti e potenti
Egli si alzò col suo divino zelo;
Abbattè il male e riscattò le genti,
Chiuse l'inferno e aprì le porte al cielo.
Riflettiamoci noi, che siam viventi,
A quel fior che troncato in sullo stelo
Fu dall'empia tirannide e sprezzato,
Senza in nessun delitto aver fallato.

5

Mille e mille prodigi avea operato,
Per indur tutti a credere alla fede:
Un lebbroso in un tratto ha risanato,
Cangiata ha l’acqua in vino: poi gli chiede
Per sua grazia la vita un cieco nato,
E tosto il bel creato osserva e vede.
Questo del divin Verbo è pregio e gloria,
E ad onor suo lo registrò la Storia.

6

Ma di quel tristo secolo la boria
Fa sì che Cristo preso in odio viene:
Ei col Vangelo, che tenea in memoria
Ai detti del gran Dio sempre si attiene;
E senza aver nè lusso, nè baldoria
Scegliea da sè degli uomini dabbene,
Che già convinti son d'ogni suo detto,
Nè saprebber mancargli di rispetto.

7

Questo verbo incarnato benedetto
Che prese l'alma in seno di Maria
E si nutrì del suo materno affetto,
Sol per nostra salvezza al Padre offria
Di spargere il suo sangue, andar soggetto
Ai mille insulti di una turba ria
E fra i seguaci suoi, per più dolore,
Vi si trova l'iniquo traditore.

8

Questo è l'indegno Giuda che il Signore
Avea venduto pria d'andare a cena:
Ma intanto in mezzo alla virtù e l'onore,
Cristo alla mensa i suoi seguaci mena,
E in mezzo all'apostolico splendore
Volle spiegarli la funesta scena,
Dicendo: Fra di voi un vile ardito
M'ha venduto alla turba e m'ha tradito.

9

Giuda, sentito noto il suo partito,
Disse con chiara voce: Non è vero
Che qualcuno di noi si sia avvilito
A tradirvi e non esservi sincero.
Anche S. Pietro, avendo il caso udito,
Si sentì del medesimo pensiero,
E disse: Fra di noi core mendace
Non v'è che turbi all'Uomo Dio la pace.

10

Rispose il Redentor con dir verace:
Pietro, se a mattutino arriverai,
Vedrai quanto il tuo detto fu fallace,
Quando il canto del gallo sentirai.
Dicesti che nessun quivi è capace
Di tradimento, e tu mi negherai
Tre volte pria che giunga il nuovo giorno,
E tardi ti avvedrai del fatto scorno.

11

Dodici siete che mi state attorno,
E quello che con me porrà la mano
Nel comun piatto in atto di soggiorno
È il traditore, e non vi sembri strano.
A quel pessimo Giuda ora ritorno,
Che appena mosse il braccio il Signore,
Anch'ei lo mosse e 'n modo acerbo duro
Maestro, parea dir, vivi sicuro.

12

Quando alla fine della cena fûro,
Gesù tutto umiliato dir tu vedi
All'uno e l'altro apostolo: Mi curo
In questa sera di lavarvi i piedi,
E poi vado dell'Orto in luogo scuro.
Ma badate che il sonno non vi predi.
E quando gran rumore sentirete
Preso sarò, ma non mi difendete.

13

Giunto là del Getsemani alle quiete
Ombre suda il suo sangue ogni momento,
E intanto Giuda con maligna sete
Si accinge ad allestire il tradimento.
Giunge la turba, ma, come saprete,
Nessun Cristo conosce, e Giuda attento
Lo saluta e lo bacia in tale istante ...
La turba d'arrestarlo era anelante.

14

Ma ognuno fra i giudei resta mancante
Di proprie forze e resta tramortito;
Corre il Maestro dai suoi fidi ansante,
Ed ognuno nel sonno era assopito.
Li desta e con parlar tanto brillante
Dice: A farvi coraggio ognun v'invito.
Dopo tal dir la turba riacquistava
Le forze e contro lui già si scagliava.

15

Pietro allora la spada sguainava,
Per difender a forza il Verbo umano.
Ed un orecchio a Marco allor tagliava;
Ma Cristo lo sanò di propria mano,
E di riporre il ferro lo pregava;
Mentre gli empi giudei con modo insano
Percuotono il divino Redentore,
Come tigre arrabbiate e senza core.

16

Poi, per maggior vergogna e più dolore,
Vien posto sotto il legno della croce;
Soffre e non piange, no; non ha timore,
Benchè in ogni sua parte ha duolo atroce.
Sotto il pesante legno sente il core
Lacerarsi ogni tratto; ed una voce
Non manda di dolor, nè di lamento,
Perchè per salvar noi muore contento.

17

Giunto alle cime del Calvario, spento
Pareva ogni suo senso, abbandonato ...
Nel mezzo a quel terribile tormento
Venne condotto in casa di Pilato,
Acciò lui, come preside, al momento
Pronunziasse sentenza all' incarnato
Verbo, ch'è salvator di noi cristiani
Ma lui rispose: Io non vi metto mani.

18

Così da questi manigoldi insani
Veniva in casa d'Anna ricondotto;
Ognun sovra di Lui pose le mani,
Ed ei non si crollo, nè fece motto:
Quì nessuno di quei tristi inumani
Di pronunziar la sua sentenza è dotto.
Pietro, che in casa di Pilato resta,
Anche lui lo rinnega e lo detesta!

19

Perchè una Serva nell'inganno desta
Gli disse: Tu conosci Nazzareno?
No, le rispose con la lingua lesta,
Io non lo conoscei nè più nè meno.
Tre volte questa frase disonesta
Pronunziò: ma più ratto del baleno
Si fè sentire a lui 'l canto del gallo,
E allor s'accorse del commesso fallo.

20

Intanto in questo piccolo intervallo,
Il Redentor con universal voce,
Benchè mai non commesse verun fallo,
Si condanna a morir sovra la croce,
In mezzo a due ladron che han fatto il callo
A commettere il mal che a tutti nuoce.
Cristo ad una colonna fu legato,
Perchè sia con più comodo sbeffato!

21

Il legno di tre croci intanto è alzato ...
Per terminar la scena atra e funesta;
Chii chiodi, chiilmartello ha preparato,
E chi del buon Gesù strappa ogni vesta.
Alfin, quando del tutto fu spogliato,
La corona di spina sulla testa
Posta gli venne, e si sentìa con gioia
Gridar: Viva Barabba e Cristo muoia!

22

Pietro i rimorsi del suo fallo ingoia,
Ma uscito dalla casa di Pilato,
Corre dal suo maestro, e pria che muoia
Perdon gli chiede d'averlo oltraggiato.
Dicendo: Io non credea recarti noia;
Ma il tuo parlare avea dimenticato:
E rinnegarti fui costretto assai,
Perciò misericordia mi userai!

23

Egli lo perdonò. Quivi vedrai
Udienza: il Gesù Cristo senza lèna,
Alzato sulla croce, ai caldi rai
Del sol, che scalda ogni contusa vena.
Tre donne il suon di dolorosi lai
Mandano: Maria, Marta e Maddalena,
E Maria più di tutte dolorava,
Quande le piaghe al figlio rasciugava.

24

Quì crocifisso l'Uomo-Dio restava ...
E terminata la crocifissione,
L'empio Giudeo, detto Longino, andava
Là senza aver nè senno, nè ragione;
E con riso di scherno lo insultava,
Dicendogli: Se sei di Dio campione,
Togli in un tratto, se tu puoi, la vita
A me, che ti do l'ultima ferita.

25

Così quest'empia fiera inviperita
Lo punge con la spada nel Costato,
Ond'è una goccia d'acqua e sangue uscita,
E l'iniquo da questa fu accecato.
Quivi la turba barbara e accanita
Un avello di pietra ha preparato,
E Gesù Cristo, cinto da catene,
Ben guardato da lor, là posto viene!

26

Pensan fra sè le sanguinose iene
Di farlo ben guardar da sentinelle,
Acciò che di fuggir non abbia il bene;
Ma l'Alto Eterno Dio con frasi belle:
Sorga il mio figlio! disse, e le catene
Restino infrante; e gli Angioli e le Stelle
Festeggino colui che sulla terra
Vinse col sangue suo l'umana guerra.

27

A tai detti l'avello si disserra,
E l'uman Verbo, senza aver restìo,
Parte dal turpe fango della terra
E va alla destra dell' Eterno Dio.
Spaventata restò la turba sgherra,
E qui chiuso è l'inferno e il Ciel s'aprìo! ...
Dunque, popolo mio, serba in memoria
Ciò ch'ho descritto in questa sacra storia.

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