L'arte del contrasto, che richiama, non troppo lontanamente, le disfide sofistiche dell'antica Grecia è il cuore pulsante dell'improvvisazione poetica. I poeti, dice il mio amico Gamberi, sono di tre qualità: quelli "da aia", buoni a scambiar due ottave alla buona, proprio come me; quelli "da maggio", seri, cerimoniali, lirici, molto abili a cantare da soli un tema per lungo tempo e in qualunque situazione; quelli "da contrasto", che detta così suona come "galli da combattimento", capaci di portare alla lunga una disturna, capaci di argomentare, capacissimi anche di mettere a tacere un contendente e di questionare animatamente anche fuori dalla prestazione: di poeti così ne conosco quattro o cinque che mio malgrado non posso mentovare ma che potreste individuare senza difficoltà qualora vi trovaste ad assistere a una loro prestazione.
Ma il contrasto ha un modello al quale tutti, o quasi, si sono negli anni ispirati: il famosissimo contrasto tra un Fiorentino e un Contadino composto da Giovacchino Pestelli che potremmo definire, prendendoci forse una licenza molto ampia, il prototipo del contrasto contemporaneo, ha accompagnato e accompagna tuttavia la memoria dei cultori dell'ottava. Si tratta di un contrasto mandato a memoria da un numero elevatissimo di persone, non c'è luogo in Toscana nel quale ancora non se ne trovi traccia e lo potremmo considerare un archetipo al pari della Pia de' Tolomei che rappresenta senz'altro l'archetipo della storia, della narrazione, dell'epica popolare. A questo contrasto si è forse ispirato anche il famoso Gino Ceccherini che incidendo il ►suo contrasto tra un campagnolo e un fiorentino (un contadin di verso Villamagna) riprende gli stessi argomenti di Pestelli e chiude il contrasto con la medesima battuta. Anche Eutonto Buggera si è cimentato nella ►riscrittura di questo classico seguendo la versione mandata a memoria in Casentino dove il contrasto del Pestelli ha da tempo immemore il titolo di Contrasto del Fiorentino col Casentinese.
1.
Ero in Firenze per combinazione,
In una Trattoria a desinare,
E vi era in questa dimolte persone,
E un poco stretti ci conviene stare.
Nacque fra due di questi una quistione
Che più di un'ora la fecer durare;
Eran due che sedeano a me vicino,
Un di Firenze e un di Casentino.
2.
- Come tu puzzi! disse il fiorentino
Al campagnolo, e poi la testa inchina;
Mi fai risortir fuori il pane e il vino,
La zuppa, la braciola e la tacchina:
O porco sudicion d'un contadino,
Tu siei più lercio te di una latrina!
Eppure l'acqua a casa ce l'avrai,
Villan fottuto, e non ti lavi mai?
3.
Te con il tanto stropicciar che fai
Con quell' acqua di crusca e saponetta,
E tutti quegli odori che ti dài
Dai fondamenti per infino in vetta,
Presto la vita tua terminerai,
Non sei più buono a regger la giannetta;
Ti resta appena il fiato per parlare ...
Dimmi cosa ti conta il tuo lavare?
4.
S' io fossi la Giustizia, vorrei fare
Dei contadini tutt' una brancata,
Ed a Livorno gli vorrei mandare
Al Porto dove giunge ogni fregata,
E gli vorrei buttar dentro nel mare
Per levar questa setta tribolata,
E buttar giù finchè il mar non è pieno
Senza rimorso di coscienza in seno!
5.
Per pietà, fiorentino, parla meno,
Già vedo bene tu hai perso il cervello.
Il contadino lavora il terreno,
Custodisce la pecora e l'agnello,
Poi raccoglie frumento, biada e fieno,
E custodisce il bove ed il vitello;
L'opre del contadino ed il talento
Bastano a prepararti il nutrimento.
6.
Coi contadini io non mi cimento,
Il contadino quando parla pécca:
Ma tasta colla mano sotto il mento,
Fra quella po' di barba vi è una zecca.
Dài più fastidio dell'inverno il vento;
Guardalo, con la lingua il piatto lecca,
A quella mensa ove mangiato voi
Vi è pecore, majali, vacche e buoi!
7.
Te i contadini biasimar tu vuoi,
Ma dalle spine viene il bel rosaio;
Se leggi il libro degli antichi eroi
Troverai Giotto ch' era un pecoraio
E pascolava gli animali suoi:
Senza l' innanzi di Tizio nè Caio
Prese una lastra bianca e poi in quella
Vi fece la pittura di un'agnella.
8.
Guarda quel grullo cosa mi favella!
Di ragionar di Giotto un ti conviene;
Quello che fece lui non si scancella,
Quello che fece lui stà tutto bene.
Natura gli donò la virtù bella,
Non era un mammalucco come tene!
A chi ti paragoni, o montanaro,
Chè non sei bono a dar bere al somaro?
9.
Certo non son capace e non m' imparo,
Perchè il ciuco non è mia compagnia;
L' ho trovato oggidì per caso raro,
Perchè son giunto in questa Trattoria;
Oste, la venga quà, prenda il denaro,
Io rendo il posto libero e vo via,
Chè molte miglia devo far di strada ...
Dia bere al ciuco quando unn' ha più biada.
10.
Villan fottuto, contadino, bada,
Se avrò d'accordo gli altri fiorentini
Mi metterò alla porta con la spada,
E proibirò l'ingresso ai contadini,
Segno che voglia e vada come vada,
Sian di piano, di monti o di appennini,
Sian di colline, della costa o valle,
Gli destino i suoi campi, prati e stalle.
11.
Quand' avrem pien barili, sacchi e balle
D'ogni raccolta che tanto a noi preme,
E quelle pesche colorite, gialle,
D'ogni genere frutta ed ogni seme:
Quei prosciutti, salami e quelle spalle
Tra noi villani mangeremo insieme
Tacchi, piccioni, galletti e pollastre,
E te in Firenze mangerai le lastre!
Contrasto tra un campagnolo e un fiorentino
Dicci la tua!
Ottave, pensieri e foto in libertà.
buonasera, sto cercando uno stornello che iniziava così: un contadin di verso malmantile venne a mangiare al girarrosto, trovò un fiorentin tanto gentile, questo villano gli si mise accosto….. sono certo di averlo sentito su un vinile tanti anni fa, ma non sono mai riuscito a ritrovarlo.