La torre di Gualandi fu la meta

La torre di Gualandi fu la meta

Il contrasto tra Nello Landi e Felice Tazzini alla Gara di Civitavecchia del 1974

Grazie a Marco Betti, Lentopede mi offre la possibilità di riflettere, con chi avrà voglia di leggere e di condividere le sue osservazioni, su alcune registrazioni che sto prendendo in considerazione nel corso della ricerca sulla poesia estemporanea in ottava rima che sto portando avanti all’Università di Huddersfield, nell’ambito del progetto Interactive Research in Music as Sound (→IRiMaS) diretto da Michael Clarke (ERC grant agreement n. 741904).

Gran parte del mio lavoro verte sulla definizione di un metodo analitico della poesia estemporanea in ottava rima che sia incentrata sull’ascolto della performance attraverso registrazioni audiovisive, evitando la trascrizione musicale che gli etnomusicologi che finora si sono dedicati a questa forma di poesia cantata hanno redatto su pentagramma. L’intento è quello di coinvolgere i poeti che vorranno farlo in un ascolto critico comune, per commentare, discutere ed eventualmente smontare le mie osservazioni da etnomusicologa ma anche da passionista.1

Il contrasto sul Conte Ugolino e l’impresa analitico-musicale

Voglio cominciare prendendo in esame un contrasto tra Nello Landi (di Cascine di Buti, Pisa, 1925-2020) e Felice Tazzini (di Civitavecchia, 1915-2001) sul tema del Conte Ugolino registrato nel 1974 in occasione della Gara dei portuali a Civitavecchia che Landi, nel corso dell’intervista che ho potuto fargli il 21 giugno 2014, ricordava bene, avendo “portato a casa una bella coppa”. Devo ringraziare Donato De Acutis se posso ascoltare questa registrazione della voce di due maestri del passato. Essa ci dà anche l’occasione per rendere omaggio a Nello Landi, che ci ha lasciati da pochi mesi e la cui gentilezza, sapienza e maestria non saranno mai dimenticate dai poeti estemporanei in ottava rima, dai cantori del Maggio drammatico e da tutti coloro che l’hanno ascoltato e conosciuto.

https://soundcloud.com/torototela/il-conte-ugolino-contrasto-tra-nello-landi-e-felice-tazzini
Il contrasto può essere ascoltato anche attraverso questo link

Provare a esaminare come la poesia prende corpo nel gesto vocale dei poeti estemporanei in ottava rima non è una cosa semplice. Significa andare a osservare da vicino come il verso si forma attraverso la voce: rilevare dunque i punti di appoggio sonori di ciascun poeta, le interruzioni e i respiri che combinano in genere con la segmentazione del verso in emistichi e con alcune sillabe chiave dell’endecasillabo, siano esse le canoniche sillabe pari o quelle dispari. Significa domandarsi come la voce cantata interagisca con i fenomeni di assimilazione vocalica, la sinalefe e la sineresi, e come sia in grado di variare la melodia di riferimento con ornamentazioni e salti.

Coloro che si incamminano in questa bizzarra impresa devono però dichiarare che nelle dinamiche di ascolto reciproco tra poeti e pubblico si pongono un po’ come dei bari perché questa operazione è possibile solo a posteriori, riascoltando ripetutamente una registrazione, cosa ben diversa dal coinvolgimento in presenza e durante lo svolgimento di un contrasto. Ciò che i poeti fanno in gran parte inconsciamente, l’analista di turno lo sminuzza in tante piccole o grandi componenti modulari che si combinano di volta in volta nella lingua cantata del poeta e che sorreggono e fanno suonare in modo sempre diverso i versi di cui si compone l’ottava. L’analista attento e desideroso di osservare da vicino il prendere forma della parola poetica non cessa mai di sorprendersi di come, nei poeti più esperti, questi mezzi vocali consci e inconsci rispondano nella maggior parte dei casi ad esigenze espressive, facendo risaltare nomi, verbi, deittici, vocativi che enfatizzano il senso della parola cantata. Sembrerebbero automatizzati, ma sarebbe un errore pensare che siano casuali.

La registrazione del contrasto del 1974

Proviamo dunque ad ascoltare come si muove la voce dei due poeti nel contrasto, di cui fornisco la trascrizione sotto. Nella Gara di Civitavecchia del 1974, a Nello Landi e a Felice Tazzini viene chiesto di cantare sul Conte Ugolino, un tema dantesco, ma che entrambi dovevano ben conoscere anche da altre fonti visto che menzionano eventi e figure storiche non ricordate da Dante. Non solo viene chiamato in causa l’Arcivescovo Ruggieri degli Ubaldini, ma Landi ricorda la vicenda della cessione da parte di Ugolino dei castelli pisani a Lucca, Tazzini menziona Nino di Gallura, ovvero Nino Visconti, nipote di Ugolino, ancora Landi ricorda i nomi di alcune famiglie ghibelline nemiche di Ugolino, i Lanfranchi e i Gualandi, a questi ultimi peraltro apparteneva la Torre della Muda in cui fu rinchiuso. Si tratta di dettagli molto precisi che i due poeti devono aver memorizzato da altre fonti. Del resto, come si legge nella tesi di dottorato di Andrea Simone,2 la vita del Conte Ugolino fu oggetto di grande attenzione da parte del teatro e dell’editoria popolare: si ha conoscenza di alcuni copioni del Maggio del Conte Ugolino legati alla città di Buti (la città di Nello Landi), inoltre, come per la Pia de’ Tolomei e Francesca da Rimini, anche la storia del Conte Ugolino ebbe modo di circolare in ottava rima nei fogli volanti e libretti diffusi dai cantastorie.

Nello Landi nel corso dell'intervista del 21 giugno 2014

Il contrasto in realtà non vede una vera interazione tra i due poeti. Entrambi alternano il ricordo di episodi della vita di Ugolino a giudizi sul suo comportamento da traditore e sulla malvagità del Vescovo Ubaldini ed entrambi auspicano che non si ripeta più una vicenda come quella. Entrambi alternano personaggi e dettagli non ricordati nella Commedia con l’elogio del ritratto che ne ha fatto Dante, ma non viene espresso un vero e proprio messaggio da parte dei poeti, al punto che se non si trattasse di un contrasto improvvisato in cui emergono i diversi gesti vocali dei due poeti, di per sé il testo cantato sarebbe forse poco interessante. Entrambi infatti giocano con la lingua condivisa della narrazione dell’episodio del Conte Ugolino, senza prendere posizioni originali che facciano emergere punti di vista eccentrici alla consueta narrazione, che di norma contiene la condanna del cannibalismo di cui Ugolino si sarebbe reso protagonista.

La registrazione è purtroppo tagliata nell’incipit della prima ottava, affidata a Nello Landi, ma per il resto l’ascolto è molto chiaro. Sopra ogni ottava sono riportate le iniziali dei poeti e il minutaggio della registrazione disponibile nel link sopra indicato.

NL 00:31
[…] un tema storico ci appare
questo a noi ci servirà da esca
perché dobbiamo alquanto un po’ trattare
su quel Conte Ugolin di Gherardesca.
Che quei Pisani fece un dì tremare
il Ruggieri fè azione barbaresca
se Ugolino mancò non si cancella
se sbagliava a trattar delle castella.

FT 01:56
Il traditore messo in una cella
che voleva di Pisa la rovina
e quando l’Arcivescovo ne appella
contro Nino ne fanno una combina
brutte son l’ore della sua favella
solo a mangiare i figli si destina
non dir che questi hanno nero il cuore
così d’empio è trattato il traditore.

NL 03:01
Il Vescovo Ubaldin non fu migliore
come tutti uditori lo sapete
cercava di punirlo il traditore
in trappola mettendolo alla rete.
Ma la parola gli giurò di onore
“arrendetevi e salva vita avrete”
ma quando arreso il Vescovo Ubaldini
condannava persin gl’innocentini.

FT 04:17
Al tempo fra dei Guelfi e Ghibellini
credeva ch’era in braccio di velluto
ma cantato in mezzo agli assassini
è stato un giuda come è stato Bruto
perduto le speranze e fa l’inchini
esso si trova in un mondo perduto
al cognato che fece il tradimento
e s’è visto il comando in fallimento.

NL 05:30
E Dante col divino suo talento
entrambi ve li pone sulla scena
in un luogo colà di perdimento
e tutte e due a scontar la stessa pena.
Perciò sempre anch’io ripenso e sento
si spezzi un tale anello alla catena
esclamerem col gran divin poeta
simile azione mai non si ripeta.

FT 06:49
Or che il tradimento si completa
eliminare Nino di Gallura
col tradimento alla parte discreta
ma non aspetta la sua sepoltura.
La torre di Gualandi fu la meta
la Divina Commedia di struttura
e venne giustamente condannato
per tradimento e d’un falso reato.

NL 07:54
Ma solo il Conte fece il gran peccato
e lì non dovean esserci i nepoti
e il figlio pure insieme ad esso allato
a subire… in quei tempi assai remoti.
Ecco dice il Lanfranchi e l’alleato
ch’ebbe insieme ai Gualandi assai ben noti
il pertugio ridotto della Muda
che fa di Pisa civiltade ignuda.

Il “gesto vocale” dei poeti estemporanei

Per entrare nel dettaglio di quello che ho chiamato il “gesto vocale”3 dei poeti, proviamo ad ascoltare, verso per verso, un’ottava di ciascun poeta, provando poi a verificare in altre ottave cosa rimane invariato e cosa cambia.

Copertina del romanzo storico Il Conte Ugolino di Emilio Fancelli
(Firenze, Nerbini, 1932)

Cominciamo con Nello Landi, di cui prendo in esame in particolare la seconda ottava, essendo la prima tagliata nell’incipit. Degli otto versi di cui è composta, il profilo melodico nella sua completezza corrisponde, come di norma, a una quartina. Nello stile di Landi la quartina costituisce una scansione importante anche per l’organizzazione del pensiero: nella trascrizione sopra ho infatti messo un punto al termine del quarto verso perché in tutte le sue ottave mi pare che la seconda quartina spieghi o sia comunque conseguenza di quanto espresso nella prima. Se si scorrono velocemente tutte le ottave da lui cantate, si può osservare che nella prima, dopo un’introduzione all’argomento storico del contrasto nella prima quartina, la seconda, che comincia con una proposizione relativa, spiega in estrema sintesi la vicenda di Ugolino. La seconda ottava è dedicata a Ruggieri degli Ubaldini e la seconda quartina, aperta dalla congiunzione avversativa "ma", spiega il tradimento dell’Arcivescovo, che finì per condannare anche gli “innocentini”. La terza ottava rende omaggio a Dante e la seconda quartina, introdotta dalla congiunzione conclusiva “perciò”, porta verso l’auspicio che una tale vicenda non si ripeta mai più. L’ultima ottava di Landi insiste nella prima quartina sulla colpevolezza del Conte Ugolino nel trascinare la propria famiglia nella condanna, per poi menzionare nella seconda le altre famiglie coinvolte nella vicenda ed esprimere, seguendo i passi di Dante, una nota di biasimo verso Pisa, teatro della triste morte di Ugolino con i figli e i nipoti.

Landi organizza musicalmente le quartine secondo uno schema consueto tra i poeti toscani:4 una melodia discendente nel primo e nel secondo verso (sebbene termino su due suoni diversi), una melodia incentrata sul suono iniziale nel terzo e infine una melodia discendente nell’ultimo verso che si chiude allo stesso suono su cui termina il primo verso. La nota finale del primo e del quarto verso, che chiameremo tonica, assume la funzione di punto di arrivo verso cui tende la melodia di Landi. La tensione dunque è tra il suono su cui attacca le sue ottave e il suono di arrivo, un intervallo di riferimento costante nel gesto vocale di Landi (e di tanti altri poeti) che chi conosce qualcosa di teoria musicale sa che corrisponde ad una quinta giusta. Non intendo definire con esattezza le altezze dei suoni, dal momento che l’uso del vibrato e il cantare a voce sola, dunque senza uno strumento che aiuti a mantenere l’intonazione, rendono secondaria per i poeti l’intonazione di altezze precise, ciò che conta sono i percorsi melodici da un suono di riferimento all’altro, e gli intervalli melodici sulla base dei quali si costruiscono i punti di appoggio della voce, anche quando non sono intonati alla perfezione.

Frontespizio del libretto contenente il poema in ottava rima Il Conte Ugolino della Gherardesca e la sua Famiglia di Aurelio Angeloni, Firenze, Salani, 1878 (Roma, Biblioteca Universitaria Alessandrina
fonte Internet Culturale)

Si diceva dunque che c’è un rapporto di quinta tra il suono su cui Landi comincia tutti i suoi versi e quello su cui termina i versi primo, quarto, quinto e ottavo. Il terzo verso, e di conseguenza anche il settimo, anche quando presentano escursioni un po’ più al grave e un po’ più all’acuto, rimangono invece ancorati a quel suono una quinta sopra la tonica, aumentando il senso di tensione verso il suono di arrivo finale, che sarà raggiunto alla fine del quarto e dell’ottavo verso. Non a caso il distico a rima baciata, conclusione dell’ottava e spesso il luogo per rilanciare il discorso e chiamare in causa il poeta avversario, corrisponde con un passo particolarmente vibrante anche sul piano dell’intonazione melodica.

Per provare ad esaminare da vicino il gesto vocale di Landi, ho visualizzato le frequenze fondamentali del suo profilo melodico tramite un software commerciale, Adobe Audition, e nel video sotto è possibile seguire, osservando la linea blu, lo svolgersi della melodia della prima quartina della seconda ottava di Landi (quella con incipit “il Vescovo Ubaldin non fu migliore”). A destra è presente una scala delle altezze in semitoni (espressi secondo la notazione anglosassone in lettere, dove A4 440 Hz corrisponde al La sul secondo spazio del pentagramma in chiave di violino) che aiuta a visualizzare gli intervalli a cui farò riferimento. Le linee tratteggiate verticali bianche indicano la suddivisione in sillabe di ogni verso.
È buona norma, quando si utilizzano questi strumenti, non fidarsi ciecamente della rappresentazione grafica e controllare con l’orecchio ciò che si rileva con la vista, specialmente quando, come nel nostro caso, si lavora su registrazioni amatoriali in cui la visualizzazione della frequenza fondamentale può essere disturbata dal sistema di amplificazione utilizzato nel luogo in cui si svolgeva la gara e dagli altri suoni di contesto registrati dal microfono. Tuttavia, essa è un efficace dispositivo visivo per l’ascolto analitico che non intende ricondurre i profili melodici ad altezze precise, ma preferisce valutarne lo sviluppo complessivo in relazione alla creazione estemporanea del testo verbale.

Video 1

https://vimeo.com/473546834/3e3b9b97e7
VIDEO 1 Visualizzazione della frequenza fondamentale del profilo melodico di Nello Landi ottenuta con Adobe Audition (seconda ottava, prima quartina)

Il Vescovo / Ubaldin non fu / migliore
come / tutti uditori // lo sapete
cercava / di punirlo / il traditore
in trappola mettendolo / alla rete.

Landi dunque costruisce il primo verso (“il Vescovo Ubaldin non fu migliore”) su un profilo melodico complessivamente rettilineo fino alla decima sillaba, dove comincia la discesa al suono finale (la tonica) che viene poi tenuto in vibrato nell’ultima vocale del verso.

Complessivamente il secondo verso (“come tutti uditori lo sapete”) è strutturato in maniera simile, con un ampio melisma discendente nella decima sillaba e un suono tenuto in vibrato nell’undicesima, che tuttavia non cade sulla tonica, ma un tono sopra. Il vibrato è piuttosto ampio e rende meno netta l’intonazione del suono in fine di verso, ma ciò che ci interessa, come detto sopra, sono i punti di riferimento, non le sottigliezze nell’intonazione.

Il terzo verso (“cercava di punirlo il traditore”) è caratterizzato da due salti all’acuto, il primo nella seconda sillaba, il terzo in corrispondenza di due sillabe che nella computazione del verso sarebbero da considerarsi in sinalefe e in settima posizione, e cioè la sillaba finale di “punirlo” e il monosillabo corrispondente all’articolo “il”. Nella parte rimanente del verso la linea melodica si ferma sul suono una quinta sopra la tonica.

Il quarto verso (“in trappola mettendolo alla rete”) da questo suono sale per gradi congiunti di una terza minore per poi scendere alla tonica con un melisma discendente in decima sillaba, mentre l’undicesima è tenuta in vibrato.

Complessivamente dunque primo, secondo e quarto verso si muovono per gradi congiunti e hanno un andamento sillabico fino al melisma discendente in decima sillaba, il terzo verso è invece interamente sillabico ma con dei salti che rendono il profilo melodico più mosso.

La durata delle sillabe all’interno del verso tuttavia è tutt’altro che costante e si combina con i respiri e la conseguente suddivisione del verso. Landi frequentemente divide i versi in tre parti che ho separato con / nella trascrizione della quartina riportata sopra. Talvolta (come nelle cesure contrassegnate da //) i respiri corrispondono alla struttura dell’endecasillabo a maiore o a minore. Nell’endecasillabo a maiore si verifica una cesura al termine di un settenario (“come tutti uditori // lo sapete”), nell’endecasillabo a minore la cesura è dopo un quinario (“esclamerem // col gran divin poeta” nella terza ottava di Landi).

Ora è interessante osservare, tenendo presente la visualizzazione del profilo melodico nel video 1, come i respiri e la suddivisione del verso si combinano con l’intonazione melodica e con i fenomeni di assimilazione vocalica, come la sinalefe, cioè quell’unione di due suoni vocalici adiacenti che fanno sì che due sillabe di due parole diverse nel computo metrico contino per una sola.

Per esempio nel frammento “il Vescovo Ubaldin”, le sillabe “-vo” e “-U” contano per una sola sillaba per effetto della sinalefe, anche se Landi le canta separate, prendendo respiro tra la parola “vescovo” e “Ubaldin”. Il fatto che Landi le canti separate non è un errore, vedremo che la realizzazione musicale (ma spesso anche la lettura ad alta voce) del verso non sempre rispetta le assimilazioni vocaliche che sarebbero prescritte dal computo metrico, anzi lo fa abbastanza raramente, ma i respiri, per i poeti esperti come Landi, hanno sempre un valore espressivo (oltre a consentire di prendere tempo per pensare), in questo caso per esempio permette di evidenziare il nome proprio del vescovo.

Una pagina dal libretto contenente il poema in ottava rima Il Conte Ugolino della Gherardesca e la sua Famiglia di Aurelio Angeloni, Firenze, Salani, 1878
(Roma, Biblioteca Universitaria Alessandrina
fonte Internet Culturale)

Riprendiamo dunque l’analisi dell’intonazione melodica della prima quartina della seconda ottava di Landi (video 1). Il primo verso abbiamo detto che si svolge con una parte sillabica sulla consonanza di quinta sopra alla tonica e un ampio melisma discendente nella decima sillaba, per terminare sulla tonica tenuta in vibrato nell’undicesima. Landi suddivide il primo verso in tre parti separate da respiri: “il Vescovo / Ubaldin non fu / migliore”. Già si è detto del respiro che rompe la sinalefe e del melisma discendente, rimane da valutare come si articola il profilo melodico sillabico e rettilineo nella prima parte del verso. Il primo segmento corrisponde ad un sostantivo sdrucciolo, “il Vescovo” di cui viene correttamente accentata melodicamente la sillaba tonica, che corrisponde alla seconda sillaba del verso, ma ne viene inoltre prolungata l’ultima, corrispondente alla quarta sillaba dell’endecasillabo. Il respiro che segue, si è detto, rompendo la sinalefe, consente di mettere in evidenza il nome Ubaldin (anch’esso un trisillabo come “vescovo” ma tronco, dunque con l’accento sull’ultima sillaba), il cui accento tonico corrisponde con la sesta sillaba dell’endecasillabo. Si tratta quest’ultima di una sillaba importante, poiché segnala, quando si verifica il caso, la fine del primo emistichio di un endecasillabo a maiore, che ha appunto l’ultimo accento tonico in sesta sillaba. Nella scansione di questo verso, la suddivisione in endecasillabo a maiore o a minore è ignorata dall'intonazione, tuttavia vi permane un punto di appoggio melodico che marca la sesta sillaba: Landi infatti opera un breve passaggio al semitono superiore nelle prime due sillabe di “Ubaldin” preparando così una sorta di mordente inferiore sulla sillaba tronca “-din” cantata sulla consonanza di quinta. Il profilo melodico prosegue con un passaggio al semitono inferiore nella settima sillaba “non” e va ad appoggiarsi di nuovo sulla quinta nell’ottava sillaba “fu”. La discesa alla tonica avviene nel melisma della vocale tonica di “migliore”. L'ottava sillaba, a mio avviso, gioca un ruolo importante nei profili melodici: è vero che nello stile di Landi la parte discendente corrisponde con il melisma in decima sillaba, ma spesso è a partire proprio dall'ottava sillaba che si delinea il percorso che prenderà la parte finale del verso.

Il secondo verso (“come / tutti uditori // lo sapete”) ha un andamento melodico simile, ma come si è detto va a cadere non sulla tonica bensì su una nota ad un intervallo di seconda (tendenzialmente maggiore, ma nell’intonazione può oscillare tra una seconda maggiore calante e una terza minore). Landi suddivide anche questo verso in tre parti prolungando le vocali finali di ciascun segmento. In questo caso i primi due segmenti insieme corrispondono al primo emistichio di un endecasillabo a maiore. Il respiro dopo la seconda sillaba di “come” aiuta ad enfatizzare l’accento tonico in sillaba dispari, la prima del verso. Il secondo segmento comincia con un passaggio al semitono superiore in “tutti”, che aiuta ad enfatizzare un altro accento tonico su una sillaba dispari, la terza, poi il profilo melodico prosegue rettilineo fino alla fine dell’emistichio che si chiude con la parola “uditori”, per poi terminare con il solito melisma discendente in decima sillaba e la nota tenuta in vibrato nell’undicesima.

Il terzo verso (“cercava / di punirlo / il traditore”) si svolge sulla consonanza di quinta ed è caratterizzato, come si è detto, da due salti di quarta. Anch’esso è diviso in tre segmenti e i primi due costituirebbero il primo emistichio di un endecasillabo a maiore, se non fosse che la suddivisione è resa ambigua dalla sinalefe tra il verbo “punirlo” e l’articolo “il” che cade sulla settima sillaba. Il primo salto è in corrispondenza della seconda sillaba, quella tonica del verbo “cercava”, parola che costituisce il primo segmento in cui si suddivide il verso, segue infatti un respiro che la separa dall’infinitiva “di punirlo”. Il secondo salto si trova tra il verbo “punirlo” e l’articolo “il”, dove si è visto che la sinalefe è rotta dal respiro necessario per intonare “il traditore” una quarta sopra, enfatizzando pertanto l’appellativo riservato a Ugolino. Questo è il verso che si conclude non con il melisma discendente, ma rimanendo sulla consonanza di quinta, marcata dal prolungamento in vibrato sia del verbo “punirlo” che del sostantivo “traditore”.

L’ultimo verso della quartina (in trappola mettendolo / alla rete) torna alla tonica dopo un passaggio ascendente-discendente che tocca la terza minore sopra la consonanza di quinta. In questo caso il verso è suddiviso in due parti, con un respiro dopo il verbo sdrucciolo “mettendolo”. Si tratta di un endecasillabo a maiore piuttosto singolare, sia per la presenza della vocale tonica di una parola sdrucciola in sesta posizione, sia per il respiro che interrompe una sinalefe tra il pronome enclitico di “mettendolo” e la prima sillaba della preposizione “alla” in ottava sillaba. La discesa alla tonica avviene nelle ultime due sillabe, la parola “rete”, con il melisma discendente in decima posizione e la tonica raggiunta nell’ultima sillaba, la cui vocale finale viene prolungata in vibrato.

Se la tecnica di Landi (e di tutti i poeti estemporanei in ottava rima) sta proprio nel combinare accenti verbali, respiri e melismi in sillabe chiave del verso che diventano così punti di appoggio sicuri per comporre corrette ottave di endecasillabi, la gestualità di ogni poeta sta nel liberarsi del pensiero della costruzione del corretto endecasillabo, sviluppando strategie individuali per giocare con la sonorità delle parole, con l’ornamentazione e le varianti del profilo melodico e godendo del presupposto allo stesso tempo tecnico ed etico dell’improvvisazione poetica in ottava rima. Non si canta infatti se non così, articolando le parole in funzione della loro sonorità, del fluire del profilo melodico e dell’alternarsi delle rime. Il termine “gesto vocale”, usato sin dalle prime righe di questo contributo, è stato ideato da Luciano Berio per la Sequenza III scritta per Cathy Berberian, che combina tecniche vocali codificate dai cantanti con mormorii, respiri, schiocchi della lingua, risate,  ecc. che Berio considera i “gesti vocali” veri e propri, comprensibili solo in relazione al contesto in cui vengono usati, necessari per le rispettive azioni espressive e per i quali egli, integrandoli nella scrittura musicale, opera un’opera di “dislocamento”.5

Una pagina dal libretto contenente il poema in ottava rima Il Conte Ugolino della Gherardesca e la sua Famiglia
di Aurelio Angeloni, Firenze, Salani, 1878
(Roma, Biblioteca Universitaria Alessandrina
fonte Internet Culturale)

I gesti vocali, non avendo di per sé un senso definito, poiché come si è detto lo assumono dal contesto, ed esistendo in infinite varianti personali, permettono di esprimere emozioni in relazione al contesto in cui ci si trova. Se la componente tecnica dei profili melodici dei poeti sta nel facilitare la creazione di corretti endecasillabi, la componente gestuale mira a sospendere il profilo melodico dalla sua utilità strumentale e a distogliere il verso dalla sua necessità comunicativa per enfatizzare un’espressività emotiva, capace di mettere in evidenza determinati termini o sintagmi della frase e funzionale alla buona realizzazione del contrasto. Nel contrasto poetico il contenuto espresso, vero o falso, viene dunque ad essere subordinato all’espressività sonora che mette i poeti in condizione di essere alla pari nella presa di parola, nel migliore dei casi, quando si tratta di poeti esperti, totalmente presi dalla relazione di sfida o di persuasione o anche di condivisione di un pensiero poetico-musicale.

I profili melodici dell’ottava rima nella loro componente tecnica e gestuale creano essi stessi un ambiente con norme proprie che, come ha dimostrato Grazia Tiezzi,6 influiscono sull’etica del contrasto e sui suoi contenuti. Diventano nomos, per usare un termine di Monica Ferrando,7 norma non scritta e preesistente a qualsiasi regolamento dello svolgimento di una gara o incontro poetico, che ha permesso l’instaurarsi tra i poeti dei legami di amicizia e stima reciproca di cui loro stessi non cessano mai di parlarci, nonostante la carica di competitività che la pratica del contrasto può generare.

Video 2

La componente gestuale di Landi sfocia in giocosità nel variare gli incipit dei versi, nel giocare con parole sdrucciole che accentuano sillabe dispari del verso (generando così ritmi anapestico-ternari), nel collocare biasimi e auspici nei distici conclusivi dell’ottava. La sua giocosità nel gesto vocale emerge all’ascolto anche della seconda quartina della seconda ottava:

https://vimeo.com/473547321/a66a7ccbcb
VIDEO 2 Visualizzazione della frequenza fondamentale del profilo melodico di Nello Landi ottenuta con Adobe Audition (seconda ottava, seconda quartina)

Ma la parola / gli giurò / di onore
“arrendetevi e salva vita / avrete”
ma quando arreso / il Vescovo Ubaldini
condannava persin gl’innocentini.

Avendo affermato in maniera chiara negli incipit quasi rettilinei del primo e secondo verso della prima quartina la consonanza di quinta come polo di riferimento contrapposto alla tonica, Landi può ora giocare con le varianti e articolare gli incipit con profili melodici più mossi.

Il quinto verso (“ma la parola / gli giurò / di onore”), anch’esso diviso in tre segmenti, non solo è più variegato dal punto di vista melodico, ma ancora gioca nell’ambivalenza della suddivisione dell’endecasillabo. Se la pausa dopo “parola” farebbe pensare ad un endecasillabo a minore, ipotesi rafforzata dalla presenza del monosillabo “gli” poco marcato in sesta sillaba, l’equilibrio viene modificato da un importante punto di appoggio in ottava sillaba, quella tonica del verbo “giurò”, su cui Landi esegue un mordente inferiore, prima del lungo melisma discendente sull’accento tonico di “onore”.

Il sesto verso (“arrendetevi e salva vita / avrete” ) è a mio avviso un piccolo esempio del sottile virtuosismo di Landi: è un frammento di discorso diretto che contiene l’imperativo “arrendetevi” come condizione posta al Conte Ugolino per salvare la propria vita, condizione tuttavia non rispettata poiché il Vescovo Ubaldini lo mette in prigione con i figli e i nipoti, gli “innocentini”, come li chiama Landi. Quel frammento di discorso diretto gioca mirabilmente con la scansione degli accenti: “arrendetevi” è una parola sdrucciola di cinque sillabe che comporta un accento in terza sillaba, ma subito dopo Landi torna ad una scansione binaria accentuando le sillabe toniche, in sesta e ottava posizione, dei bisillabi “salva” e “vita”. Un respiro che separa la sinalefe tra “vita” e “avrete” stacca nettamente l’effetto quasi sincopato della prima parte del verso dalla normalità raggiunta nell’ultima parte del verso con il consueto melisma discendente in decima sillaba.

Il settimo verso (“ma quando arreso / il Vescovo Ubaldini”) gioca sul senso di sospensione dato alla cadenza sulla quinta prima della chiusura dell’ottava. Come di norma esso si svolge interamente attorno alla consonanza di quinta, ma ad accentuare l’attesa per la conclusione concorrono la scansione ritmica del verso e sintassi: il settimo verso contiene infatti la subordinata temporale “ma quando arreso” che ha come soggetto implicito il Conte Ugolino e contiene inoltre il soggetto (“il Vescovo Ubaldini”) della proposizione principale che viene espressa solo nell' ottavo verso. La scansione degli accenti è imperniata sulle sillabe pari, seppure con l’ambiguità che genera la sinalefe tra il verbo verbo “arreso” e l’articolo “il” in quinta posizione, mentre la sillaba tonica della parola sdrucciola “vescovo” si trova in sesta sillaba e la successione di un trisillabo sdrucciolo e di una parola piana di quattro sillabe (“Vescovo Ubaldini”) fa sì che venga a mancare un appoggio sull’ottava sillaba e che dopo la sesta posizione si trovi una sillaba tonica solo in decima. La stabilità viene ritrovata nell’ottavo verso (“condannava persin gl’innocentini”), un endecasillabo a maiore con l’ultima sillaba dell'avverbio "persin" in sesta posizione, cantato tutto d’un fiato senza cesure, con accenti in terza, sesta, ottava e decima sillaba, che scende velocemente verso la tonica.

Una pagina dal libretto contenente il poema in ottava rima
Il Conte Ugolino della Gherardesca e la sua Famiglia
di Aurelio Angeloni, Firenze, Salani, 1878
(Roma, Biblioteca Universitaria Alessandrina
fonte Internet Culturale)

Prendiamo ora in esame le ottave di Felice Tazzini. Nelle risposte che egli propone a Landi, Tazzini non prosegue il discorso avviato dal suo avversario, ma utilizza le proprie stanze disponibili per ripercorrere a ritroso le vicende del Conte Ugolino. La sua prima ottava infatti parte dalla carcerazione del Conte Ugolino e dal divorare i figli, concludendo e aprendo l’ottava con l’appellativo che Tazzini gli riserva, quello di “traditore”. Nell’ottava che segue nel contrasto, Landi riprende questo termine osservando che tuttavia anche il Vescovo Ubaldini non era meno infido, dal momento che finì per condannare anche gli “innocentini”. Tazzini, nella sua seconda ottava, non gli risponde in merito, torna invece sul tema del tradimento. Landi interviene ricordando il ritratto che ne fa Dante ed esprime l’auspicio che un episodio del genere non succeda mai più e Tazzini risponde con la sua terza ed ultima ottava, descrivendo come si è arrivati alla condanna e all’incarcerazione nella Torre dei Gualandi. Solo qui Tazzini riprende brevemente un discorso di Landi quando fa un riferimento alla Divina Commedia. Rispetto al Landi, Tazzini è più ripetitivo nei contenuti (“traditore” e “tradimento” sono le parole chiave di tutte le sue ottave) e più elusivo nel ricomporre la vicenda, anche quando menziona figure precise, come Nino di Gallura.

Per quanto riguarda i profili melodici da lui impiegati, la dinamica tra tonica e consonanza di quinta caratterizza anche il gesto vocale di Tazzini. Se però Landi raggiunge quella che abbiamo definito tonica solo alla fine dei versi di apertura e chiusura della quartina, Tazzini impiega  melodie discendenti alla tonica anche per una suddivisione interna del verso. Inoltre mentre i profili melodici di Landi sono generalmente per gradi congiunti, Tazzini tende invece a separare i segmenti in cui divide il verso da salti anche di ampiezza considerevole, per questo all’ascolto il suo gesto vocale risulta più frammentato.

Tazzini di norma (sebbene non sempre) scende al suono che abbiamo definito tonica anche al termine del primo emistichio del primo, quarto, quinto e ottavo verso (tuttavia nella sua seconda ottava Tazzini scende alla tonica alla fine del primo emistichio non nel primo e quinto verso, ma nel secondo e nel sesto). Ciò determina una dinamica che può trarre l’orecchio in inganno, specialmente dopo il terzo e settimo verso che, anche nel gesto vocale di Tazzini, terminano sulla consonanza di quinta e ricevono una risoluzione sulla tonica prima della fine del verso successivo. La tonica tuttavia non fa in questo caso da punto di arrivo, bensì da rimbalzo per il profilo melodico che spesso avvia la parte conclusiva del quarto e ottavo verso con un salto all’acuto all’inizio del secondo emistichio, per poi tornare alla tonica con il melisma in decima sillaba.

Tazzini inoltre, come si vedrà, è meno attento di Landi a far corrispondere accento verbale con accento melodico, tende ad appoggiare i profili melodici alle sillabe pari dell’endecasillabo sia che siano toniche o atone, inoltre tende a lavorare sulle dinamiche aumentando l’intensità della voce in alcune vocali prolungate e vibrate, sia in fine di verso che in qualche caso all’interno. Il profilo melodico più variegato con frequenti salti e l’utilizzo delle variazioni dinamiche rendono la comprensibilità della sua parola meno facile al primo ascolto. L’articolazione dei contenuti all’interno dell’ottava è infine tendenzialmente organizzata per distici e, quasi a voler dare un effetto di punteggiatura, spesso le vocali finali tenute in vibrato del secondo, quarto e sesto verso sono marcate da un aumento dell’intensità della voce.

Video 3

Comincio con l’esaminare la prima ottava di Tazzini, partendo anche in questo caso dalla prima quartina (video 3). Anche per Tazzini si può prendere come riferimento la quartina perché il profilo melodico nella sua interezza si svolge entro quattro versi, per poi essere ripetuto nei successivi quattro, sebbene con varianti.

https://vimeo.com/473547720/259c006a70
VIDEO 3 Visualizzazione della frequenza fondamentale del profilo melodico di Felice Tazzini ottenuta con Adobe Audition (prima ottava, prima quartina)

Il traditore // messo in una cella
che voleva di Pisa // la rovina
e quando l’Arcivescovo ne appella
contro Nino ne fanno / una combina

Il primo verso “il traditore / messo in una cella” è un endecasillabo a minore in cui la cesura è enfatizzata dal profilo melodico discendente che si conclude proprio sulla quinta sillaba. Il verso si apre con un prolungamento in vibrato nella consonanza di quinta in corrispondenza dell’articolo “il” nella prima sillaba, scende poi velocemente al grave nel corso della parola “traditore”, raggiungendo la tonica nell’ultima sillaba. La seconda parte del verso comincia sulla consonanza di quinta per scendere alla tonica dalla decima sillaba, dopo aver tenuto a lungo in vibrato la vocale tonica di “cella”. Caratteristica di Tazzini è infatti la marcatura della decima sillaba non solo con il melisma discendente, ma anche con un prolungamento in vibrato della vocale tonica, cui fa seguito un passaggio alla terza minore sopra la consonanza di quinta prima del lungo melisma discendente.

Il secondo verso (“che voleva di Pisa // la rovina”) è un endecasillabo a maiore che si sviluppa con un profilo melodico ascendente-discendente che da una terza minore sopra la tonica raggiunge la consonante di quinta alla fine del primo emistichio (“Pisa”) per poi, in decima sillaba, salire per gradi congiunti fino a una terza minore sopra la consonante di quinta e scendere con un lungo melisma discendente sulla vocale tonica di “rovina” fino a raggiungere un suono posto a intervallo di seconda maggiore rispetto alla tonica. Come nel primo verso, il melisma discendente in decima sillaba è preceduto da un prolungamento in vibrato della vocale tonica di “rovina” sulla consonanza di quinta e il suono finale raggiunto, anch’esso tenuto in vibrato, oscilla nell’intonazione fino a risultare calante nella parte terminale. L’andamento del profilo melodico del secondo verso qui descritto si ripropone, sebbene con varianti significative (l’incipit non è una terza minore sopra la tonica, ma sulla consonanza di quinta e tutto il verso si svolge sopra la quinta fino alla decima sillaba) nella terza e ultima ottava di Tazzini, mentre nella sua seconda ottava il secondo verso, come si è detto sopra, presenta una discesa dalla quinta alla tonica nel corso del primo emistichio, come avviene nel primo verso. Si profilano dunque due modalità di articolare il primo emistichio del secondo verso nel gesto vocale di Tazzini. Resta invece costante il passaggio una terza minore sopra la quinta che si presenta quindi come un culmine da cui articolare il lungo melisma discendente alla fine sia del primo che del secondo verso.

Un contrasto dei "tempi moderni": Emilio Meliani vs Pietro De Acutis
Cortona, 6 settembre 2020

Il terzo verso (“e quando l’Arcivescovo ne appella”) si sviluppa in maniera sillabica sulla consonanza di quinta fino all’ottava sillaba corrispondente all’ultima della parola “arcivescovo”: su questa Tazzini introduce un salto di quarta che marca un’evidente discrepanza tra accento verbale e accento melodico, per poi discendere alla quinta e poi alla consonanza di quarta nell’ultima sillaba del verbo “appella”, da cui attacca per cantare il quarto verso della quartina senza soluzione di continuità con il terzo. Il quarto verso (“contro Nino ne fanno / una combina”) è strutturato grosso modo come il primo, un endecasillabo a maiore con una discesa alla tonica alla fine del primo emistichio. Se la suddivisione in emistichi nel caso di Tazzini fin qui non era resa ambigua da assimilazioni vocaliche, in questo verso si può notare come Tazzini prenda respiro tra l’ultima sillaba di “fanno” e l’articolo “una” che cadono entrambe sulla settima sillaba. Le separa il respiro insieme a un salto di quinta in corrispondenza dell'articolo “una”, da cui si sale al tono superiore nella sillaba finale “-na”, anche in questo caso con un mancato allineamento tra accento verbale e accento melodico ("una" risulta infatti pronunciato "unà"). Il profilo melodico torna alla consonanza di quinta per poi scendere alla tonica nella vocale tonica di “combina”. Come di consueto nel gesto vocale di Tazzini, il melisma discendente è preceduto da un prolungamento in vibrato della decima sillaba sulla consonanza di quinta, poi con un glissando la voce raggiunge la terza (tendenzialmente minore ma talvolta con scarti non irrilevanti nell’intonazione) sopra la quinta per poi scendere alla tonica con un ampio melisma discendente.

Video 4

La quartina successiva (video 4) si differenzia nel gesto vocale principalmente nel distico finale:

https://vimeo.com/473548197/1df3a6497f
VIDEO 4 Visualizzazione della frequenza fondamentale del profilo melodico di Felice Tazzini ottenuta con Adobe Audition (prima ottava, seconda quartina)

brutte son l’ore // della sua favella
solo a mangiare i figli // si destina
non dir che questi // hanno nero il cuore
così d’empio è trattato il traditore.

Il quinto e sesto vero (“brutte son l’ore // della sua favella” e “solo a mangiare i figli // si destina”) consolidano quanto già osservato nei primi due versi della quartina precedente, è infatti nel distico finale che Tazzini concentra l’accumulo di variazioni. Il settimo verso (“non dir che questi / hanno nero il cuore”) è un endecasillabo a minore in cui sarebbe un errore interpretare il respiro che separa le due vocali adiacenti di “questi” e “hanno” come un respiro che separa una sinalefe poiché il computo metrico torna perfettamente rispettando la dialefe tra di esse. Questo è il verso che termina sulla consonanza di quinta ma, a differenza del terzo della prima quartina, non si svolge interamente nel registro sopra la quinta: il primo emistichio infatti è una melodia discendente alla tonica paragonabile a quella che abbiamo già osservato nel primo emistichio del primo e quarto verso della quartina precedente. La tonica viene infatti raggiunta al termine del pronome “questi” che chiude il primo emistichio, l’apertura del secondo è marcata dal respiro e da un salto di ottava sulla quale si articolano le prime tre sillabe (in sesta, settima e ottava posizione) di “hanno nero il cuore”, le rimanenti sono cantate sulla consonanza di quinta fino alla fine del verso. L’ultimo (“così d’empio è trattato il traditore”) è cantato tutto d’un fiato a partire dall’ottava superiore alla tonica con ampio profilo ascendente-discendente. Tazzini, che tende ad accentuare melodicamente le sillabe pari, utilizza in questo verso due passaggi per gradi congiunti alla terza minore sopra la tonica nel registro acuto per marcare rispettivamente la terza sillaba, la sillaba tonica di “empio”, e la sesta, la sillaba tonica del verbo “trattato”. Il verso si chiude con un ampio melisma discendente sulla sillaba tonica di “traditore” che in questo caso è priva del prolungamento in vibrato che di norma precede il melisma discendente.

C’è da dire tuttavia che il gesto vocale impiegato in questo potente distico finale che rimarca la parola “traditore” con cui Tazzini aveva aperto la sua ottava, non verrà più ripetuto per tutto il corso del contrasto, dato che nelle ottave successive egli impiegherà varianti del modello già osservato per portare a termine il terzo e quarto verso della prima quartina.

Si conclude qui questa prima disamina che, se Lentopede lo consente, sarà seguita da altri contributi, anch’essi sotto forma di proposta di riflessioni “di lavoro” passibili di ulteriori sviluppi e correzioni, sperando siano utili anche ai lettori. Di sicuro lo sono all’autrice, convinta che sia dalle parole che prende corpo il pensiero. E se proprio non si riesce a dare al pensiero la direzione desiderata, perlomeno, provando ad enunciarlo, si alimenta la riflessione creativa, l’unica che possa aiutare a scartare le strade sbagliate per poter finalmente permettere al pensiero di prendere quella che gli è ottimale al consolidamento del proprio metodo di lavoro.


Note

1 Chiunque voglia mettersi in contatto con me può farlo attraverso lentopede.eu oppure scrivendomi a cristinaghirardini@tiscali.it.

2 Andrea Simone, Dante in scena. Percorsi di una ricezione: dalla fine dell’Ancien Régime al grande attore, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Firenze, 2014-2018, scaricabile qui: https://flore.unifi.it/handle/2158/1152148#.X37OrVlS-CU.

3 Il termine è tratto da Luciano Berio, si veda Del gesto vocale, in Scritti sulla musica, a cura di Angela Ida De Benedictis, Torino, Einaudi, 2013, pp. 58-70. Spiego più avanti come intendo articolare la definizione di Berio nell’analisi della vocalità dei poeti estemporanei in ottava rima.

4 Nell’intento di limitare in questa sede i riferimenti bibliografici ai titoli essenziali, rinvio qui solo ad alcuni degli studi che hanno già esaminato questi aspetti prima di me: Mauro Pianesi, Il canto improvvisato in ottava rima in Alta Sabina, Tesi di laurea, Istituto di Etnologia e Antropologia dell’Università di Perugia, a.a. 1986-1987; Maurizio Agamennone, Cantar l’ottava, in Giovanni Kezich, I poeti contadini, Roma, Bulzoni, 1986, pp. 171-218; Id. Modi del contrasto in ottava rima, in Sul verso cantato. La poesia orale in una prospettiva etnomusicologica, a cura di Maurizio Agamennone e Francesco Giannattasio, Padova, Il Poligrafo, 2002, pp. 163-223; Piero Arcangeli, Giancarlo Palombini e Mauro Pianesi, La sposa lamentava e l’Amatrice…, Pescara, Editrice Nova Italica, 2001 (nuova edizione Perugia, Morlacchi, 2014).

5 Luciano Berio, Del gesto vocale, cit., p. 62.

6 Grazia Tiezzi, L’improvvisazione del contrasto in ottava rima incatenata in Toscana: “dono di natura” o etica del conflitto?, in L’albicocco e la rigaglia. Un ritratto del poeta Realdo Tonti, a cura di Pietro Clemente e Antonio Fanelli, Iesa, Gorée, 2009, pp. 307-327, Id. L’improvisation en ottava rima en Toscane: une pratique langagière solennelle, Tesi di dottorato, Paris, Ecoles des Hautes Etudes en Sciences Sociales, 2010 e Id. Etica ed estetica del contrasto in ottava rima incatenata toscana, in La nave dei poeti ancora viaggia, a cura di Paolo Nardini e Corrado Barontini, Arcidosso, Effigi, 2011, pp. 119-122.

7 Monica Ferrando, Il regno errante, Vicenza, Neri Pozza, 2018.

4 thoughts on “La torre di Gualandi fu la meta

  1. Un ottimo lavoro di etnomusicologia, che parte dall’incontro con i poeti e il loro mondo e arriva a un’analisi puntuale e competente. Complimenti ai poeti e alla ricercatrice.

  2. Dedicato a Nello Landi nel giorno della sua scomparsa.

    Come la nebbia che nel vento vola,
    ancora sento il suono del tuo canto…
    Quella voce solenne può, da sola,
    asciugare dai nostri occhi il pianto.
    Se posso dirti un’ultima parola,
    per tutti noi sei stato sempre un vanto!
    Ormai non temi più il freddo inverno,
    perché l’anima tua vivrà in eterno!

    Dario Landi

  3. Grazie a Donato De Acutis che mi segnala che le date di nascita e morte di Felice Tazzini indicate sopra non sono corrette, quelle giuste dovrebbero essere 1918-2004.

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