Nella vita capita a volte di essere colpiti da figure apparentemente marginali e silenziose ma che per varie ragioni si impongono sin dal primo momento come meritevoli di rispetto e ammirazione, anche quando non le si conosce ancora. Persone sicure ma schive, desiderose di condividere con altri una passione comune, anche esponendosi quando la fortuna lo concede, ma sempre privilegiando il piacere della relazione rispetto alla propria prova di fronte al pubblico, pur cercando di dare il meglio di sé. Persone che sebbene dicano che non hanno nulla da insegnare, in realtà sono indispensabili per imparare quell’arte del vivere di cui si coglie qualcosa solo condividendo con altri uno spazio e una presenza fisica, concentrandosi nell’osservazione e nell’ascolto reciproco, senza bisogno di tante spiegazioni. Così era, ai miei occhi, Bruno Grassi.
L’ho conosciuto nel 2014 alla scuola di improvvisazione poetica in ottava rima che Mauro Chechi teneva a Terranuova Bracciolini, dove Bruno aveva ricominciato a cantare nei primi anni Duemila, dopo quarant’anni di silenzio. Dall’alto della sua età (era nato il 10 luglio 1925) e con quella elegantissima compostezza che caratterizza solo chi riesce a conquistarsi una vecchiaia serena, l’ho visto partecipare a contrasti poetici sugli argomenti più vari, improvvisando con giovani e meno giovani, mai con coetanei, un privilegio di cui sono sicura che in cuor suo era molto orgoglioso.
Bruno ha terminato la sua vita su questa terra il 4 maggio 2021 e vorrei provare a ricordarlo intrecciando la mia memoria alla sua narrazione autobiografica che ho potuto ascoltare il 24 gennaio 2016, ospite della sua casa.
Proveniente da una famiglia contadina con sette figli, Bruno Grassi era coltivatore e allevatore, conosciuto come “toraio”, perlomeno fino a quando il suo terreno a Levanella (frazione di Montevarchi) fu acquistato da Prada, che vi realizzò il proprio imponente outlet. Durante il colloquio, mi raccontò che i primi ricordi sull’ottava rima risalgono all’età di 12-14 anni, quando con un amico, Beppino (più anziano di lui di un anno), cantava sotto un loggiato la domenica a Ricasoli, dove ci si riuniva per giocare a carte e cantare, venendo pure premiati con un gelato o con un invito a cena presso una famiglia particolarmente appassionata di canto in ottava rima. All’epoca era consuetudine cantare durante le veglie, ma soprattutto la sera in estate dopo i lavori di battitura del grano, dove c’era sempre qualcuno che improvvisava “anche se non era troppo rifinito”. Ricordava inoltre che pure la sorella più giovane sapeva rispondere in ottava rima, specialmente quando da bambini andavano a pascolare i maiali.
Bruno non veniva da una famiglia di improvvisatori, ma il padre conosceva a memoria e cantava storie in ottava rima, come la Pia de’ Tolomei e la storia di Pipone e del suo asino. A differenza di altri poeti a braccio, Bruno non era un lettore, aveva frequentato la scuola fino alla seconda elementare e per lui la poesia era “un dono di natura e basta”. Negli anni Sessanta il cambiamento nelle relazioni sociali e l’arrivo della televisione segnarono per lui la fine del canto in ottava rima.
Molti anni più tardi ebbe modo di ascoltare nuovamente i poeti a qualche Festa dell’Unità, dove conobbe Ivo Mafucci (1930-2018), di Arezzo. Ma per lui l’ottava rima è tornata parte della vita quotidiana solo dopo il Duemila. Ricordava con grande soddisfazione il momento in cui Tiziana Tognaccini gli chiese di partecipare alla scuola di ottava rima che Mauro Chechi teneva al ristorante Il Piano della Famiglia Bonaccini e ricordava con emozione soprattutto il giorno in cui ebbe modo di riprendere a cantare grazie alla sollecitazione dello stesso Mauro Chechi, che riconobbe subito il dono di natura di Bruno e cantò con lui per una giornata intera.
Da allora Bruno ha partecipato sempre con grande piacere alle iniziative di valorizzazione dell’ottava rima organizzate dal Comune di Terranuova Bracciolini e ad altri incontri in Toscana, stringendo amicizia con i colleghi Ivo Mafucci e Franco Ceccarelli, con Marco Betti e Lorenzo Michelini, con l’infaticabile ricercatore Dante Priore, con tutti coloro che hanno frequentato la scuola di Mauro Chechi e con il pubblico che lo ha amato.
L’ultima volta che ho incontrato Bruno è stato il 25 gennaio 2020, in occasione della serata “La memoria in versi” al Circolo Aurora di Arezzo, che i lettori di Lentopede possono a loro modo →rivivere attraverso qualche ripresa video.
Di sé diceva che “come magari rime ci son più bravi” ma “come voce in tutti i poeti che siamo, una quindicina, non dirò di essere il migliore ma… siamo lì”, e per Bruno “la voce è mezza ottava”. E in effetti la sua voce arrivava sempre, e perché rimanga ancora con noi, ho selezionato alcuni contrasti, registrati in tre diverse occasioni.
La prima è una serata di musica e poesia al Ristorante della Famiglia Bonaccini che il Comune di Terranuova Bracciolini aveva organizzato il 23 maggio 2015 e durante la quale a Bruno Grassi viene chiesto di cantare con un poeta più giovane, Stefano Cincinelli su valzer e rock. Sebbene a un primo momento volessero far difendere il rock a Bruno, fortunatamente alla fine gli è stato concesso di stare dalla parte del valzer, di cui aveva ampia esperienza, avendolo ballato. Cincinelli riveste argutamente il ruolo del rockettaro specialmente nel sillabato ritmico con cui intona la sua prima ottava, mentre Bruno ha l’occasione di ricordare che da giovane come ballerino ha pure vinto una gara. “Il bello è la chiusura nell’ottava rima”, mi disse a casa sua, e infatti in questo contrasto ricorre una chiusa che Bruno tirava fuori quando cantava con i poeti più giovani “se avessi i tuoi anni e questa voce / io leverei il Cristo dalla croce”.
Il secondo video è stato realizzato in occasione di una serata su ottava rima e rap che si è svolta in Teatro a Terranuova Bracciolini il 20 marzo 2016 e in cui i poeti estemporanei erano chiamati a confrontarsi con due giovani rapper. In realtà Bruno è stato l’unico dei poeti a braccio a non cantare con i rapper e lo ascoltiamo pertanto in alcune ottave di saluto insieme a Franco Ceccarelli.
Nel terzo video, Bruno Grassi è a Ribolla, è il 14 aprile 2019 e in quell’occasione gli fu conferita dall’Associazione Sergio Lampis una medaglia in veste di decano dei poeti ancora attivi. Lo ascoltiamo in un contrasto su aereo, treno e nave con Franco Finocchi di Tolfa e Mario Monaldi di Allumiere, un altro poeta molto amato pure in Toscana, dove era conosciuto anche in veste di maggerino, che come Bruno è venuto a mancare proprio quest’anno.
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