Speciale Pianizzoli

Foto di copertina: Particolare di un manoscritto di Lio Banchi

Osservisi che gli antichi poetavano al popolo, o almeno a gente per la più parte non dotta, non filosofa. I moderni all’opposto; perchè i poeti oggidì non hanno altri lettori che la gente colta e istruita, e al linguaggio e all’idee di questa gente vuolsi che il poeta si conformi, quando si dice ch’ei debba esser contemporaneo, non già al linguaggio e alle idee del popolo presente, il quale delle presenti nè delle antiche poesie non sa nulla nè partecipa in conto alcuno. Ora ogni uomo colto e istruito oggidì, è immancabilmente egoista e filosofo, privo d’ogni notabile illusione, spoglio di vive passioni; e ogni donna altresì. Come può il poeta essere per carattere e per ispirito, contemporaneo e conforme a tali persone in quanto poeta? che v’ha di poetico in esse, nel loro linguaggio, pensieri, opinioni, inclinazioni, affezioni, costumi, usi e fatti? che ha o ebbe o potrà mai aver di comune la poesia con esso loro?
Perdono dunque se il poeta moderno segue le cose antiche, se adopra il linguaggio e lo stile e la maniera antica, se usa eziandio le antiche favole ec., se mostra di accostarsi alle antiche opinioni, se preferisce gli antichi costumi, usi, avvenimenti, se imprime alla sua poesia un carattere d’altro secolo, se cerca in somma o di essere, quanto allo spirito e all’indole, o di parere antico. Perdono se il poeta, se la poesia moderna non si mostrano, non sono contemporanei a questo secolo, poichè esser contemporaneo a questo secolo, è, o inchiude essenzialmente, non esser poeta, non esser poesia.
(Giacomo Leopardi, Zibaldone, 12 luglio 1823)

Per gli amanti della poesia estemporanea in ottava rima, febbraio è il mese di Pianizzoli, ossia dell’incontro in memoria di Lio Banchi che si tiene nell’Agriturismo Podere Pianizzoli, a Massa Marittima, l’azienda agricola fondata dal poeta e allevatore appassionato di cavalli e ora gestita dalla moglie Vanda, dal figlio Roberto e dalla nuora Silvia. Lio non canta più tra quelle mura dal 2003, ma è simbolicamente con noi tutte le volte che ci si incontra a casa sua e ora lo sentiamo vicino guardando la riproduzione di quel foglio a righe su cui Lio aveva scritto le tre ottave dedicate proprio a Pianizzoli che abbiamo scelto come immagine di apertura e che la famiglia conserva in originale tra le carte del poeta.
È il primo evento importante dell’anno, organizzato dalla famiglia Banchi insieme all’Associazione Sergio Lampis di Ribolla e, come sottolinea Irene Marconi nelle ottave di saluto del 2018 che si possono ascoltare sotto, è sentito da tutti i partecipanti come il capodanno della poesia. Quest’anno purtroppo febbraio è passato senza potersi dare appuntamento a questo vero e proprio simposio, che riunisce poeti toscani e laziali (o meglio, abruzzesi, come amano definirsi) insieme al loro pubblico più affezionato, che si stringe nelle tavolate del ristorante per poterli ascoltare in quella speciale relazione di prossimità tra poeti e pubblico che richiede l’improvvisazione poetica in ottava rima.

Un manoscritto di Lio Banchi

Ho cominciato a frequentare Pianizzoli nel 2014 e per contribuire a tenere vivo il fuoco dell’ottava rima in questo periodo di pesanti privazioni, ho pensato di condividere alcune delle riprese video che ho fatto dal 2014 al 2019. Dell’incontro del 2020 ho parlato alcuni mesi fa in un altro articolo, qui propongo alcune registrazioni degli anni precedenti, con l’esclusione del 2015, anno in cui non ho potuto partecipare.
La scelta delle riprese video è soggettiva, è legata al mio gusto personale, al desiderio di includere sia ottave di saluto, sia contrasti, sia giri di ottave a turno, dando spazio un po’ a tutti i poeti presenti, e di fornire un campione il più possibile vario dei temi trattati. La scelta inoltre è frutto di altri fattori più contingenti: la durata delle batterie e la capacità delle schede di memoria della videocamera, la mia resistenza fisica allo stare in piedi e a seguire lo svolgersi dei contrasti con la videocamera a mano o appoggiata al cavalletto, spostandomi e adattandomi a posizioni non sempre comode nell’intento di limitare il più possibile il fastidio ai poeti e alle persone come me venute per ascoltarli e di non intralciare troppo il libero movimento delle cameriere e, non da ultimo, il desiderio di arrivare anche a gustare, tra una ripresa e l’altra, la cucina di Vanda e Silvia. Chiunque sia passato da Pianizzoli infatti sa bene che le mie riprese video valgono meno di zero in confronto alla loro giardiniera casalinga servita da antipasto, ai loro tortelli, alle tagliatelle e agli arrosti.
Spero che la lettura di questo lungo articolo non annoi i curiosi, chiunque è libero di passare direttamente alle riprese video, però mi preme fornire alcune indicazioni di contesto utili all’ascolto delle ottave e dei contrasti, il cui prendere forma dipende dalle relazioni che si instaurano nell’ambiente in cui si incontrano poeti e pubblico. []

Sabato 8 febbraio 2014

Nel 2014 è avvenuto il mio primo incontro dal vivo con la poesia estemporanea in ottava rima, di cui precedentemente avevo solo ascoltato alcune registrazioni in disco o su internet. La ripresa video disponibile qui sotto è dunque la prima in assoluto che ho fatto e Dante Valentini mi scuserà se ho tagliato la sua ottava: ricordo che è stato lui ad avviare la serie di saluti e omaggi a Lio e alla famiglia Banchi che nel video si apre con l’ottava di Donato De Acutis, ma all’epoca l’emozione e il non sapere come si sarebbe svolta la serata non mi hanno permesso di accendere la videocamera in tempo. A prescindere dall’averlo conosciuto personalmente, Lio è ricordato con affetto da tutti i cantori, che riconoscono di far parte di una “catena” che unisce i poeti dei passato ai poeti del presente, un tema che, come vedremo, ricorre spesso nelle serate di Pianizzoli. []

Un fatto di cronaca suggerisce ad un commensale un tema per un contrasto molto vivace, quello sulla suora incinta. È Niccolino Grassi a difendere la puerpera (la notizia del parto infatti è arrivata a gennaio 2014) di fronte al papa, Donato De Acutis, e al prete, Dante Valentini, che appare sin da subito il primo indiziato ad aver indotto la donna a trasgredire il voto di castità. Ma la suora è tutt’altro che ingenua e di fronte alle provocazioni del prete ricorda la dissolutezza di Papa Borgia e accusa il prete stesso di essere stato il primo a tradire il proprio voto. Si dichiara pronta ad andare a fare l’operaia per crescere il bambino, rifiutandosi di “mandare sangue al cimitero” e auspica che suo figli diventi un Galilei. Il Santo Padre, per la precisione Papa Francesco (che a quasi un anno dall’ascesa al soglio pontificio si trova ad essere protagonista di un contrasto in ottava rima), dopo aver chiesto spiegazioni sulla faccenda, si dimostra aperto al perdono, propone di chiamare il bambino Francesco e promette di accoglierlo in Vaticano. []

Benito Mastacchini, amato poeta a braccio e poeta dei canti del Primo Maggio, dà voce insieme a Francesco Marconi e Pietro De Acutis a un contrasto su cielo, mare e terra. Quello che potrebbe essere ascoltato anche come un confronto sui tre elementi, diventa una riflessione sull’interazione continua tra terra, mare e cielo per tutti i viventi, umani e non umani. Il cielo infatti offre le stelle al nocchiero in mare, che si consola alla vista di un porto. Se il mare, come osserva Pietro De Acutis, è l’ambiente in cui è nata la vita, Benito ricorda che oggi il mare raccoglie i corpi di tanti morti, ma Francesco precisa che è il cielo il regno dei vivi e dei morti, ricordando che lassù “son tutti uguali, deboli e forti”. Alla fine del contrasto, Giampiero Giamogante scommette che queste ottave saranno ancora ricordate tra cinquant’anni, e ce lo auguriamo. Intanto le ricordiamo ora, che non possiamo ascoltare i contrasti dal vivo, gustando il bellissimo vibrato di Benito Mastacchini, a cui la salute e l’età da qualche anno non consentono di allontanarsi da Suvereto. []

Sabato 20 febbraio 2016

Quello del 2016 è stato un simposio molto intenso e partecipato, che meriterebbe considerazioni molto meno frettolose di quelle che sono possibili in questa sede. Di lì a pochi mesi sarebbe stata approvata la Legge Cirinnà, una legge attesa da tempo, che riconosce e disciplina le unioni civili tra persone dello stesso sesso, in un’ottica di equiparazione al matrimonio. A febbraio dunque si era in pieno dibattito tra favorevoli e contrari al riconoscimento delle coppie omosessuali, tenendo presente che da entrambe le parti c’erano gli scettici sul matrimonio (è un dato di fatto che molte coppie scelgono di non sposarsi), e soprattutto tra favorevoli e contrari alla procreazione e all’adozione di minori da parte di coppie costituite da persone dello stesso sesso. Era quindi prevedibile un contrasto tra matrimonio e unioni civili, che viene affidato a Irene Marconi e Pietro De Acutis. Sarebbe sbagliato trarre dall’ascolto dei contrasti le opinioni personali dei poeti sui temi dati, lo ricorda Irene all’inizio, quando spiega che in questa circostanza si trova a dover difendere la posizione che meno condivide. Chi attribuisce i contrasti e sceglie gli interpreti, quando conosce i poeti di persona, spesso di proposito affida loro ruoli che stonano o proprio sono inconciliabili con il loro pensiero e il loro stile di vita, e le norme non scritte del contrasto in ottava rima prevedono che un vero poeta non si sottragga a queste richieste, anzi colga l’occasione per polarizzare o arricchire il dibattito prendendo distanza dalle proprie convinzioni personali. Il confronto tra Irene e Pietro si svolge in modo molto equilibrato, considerando sia le posizioni più tradizionaliste sia quelle a favore delle unioni omosessuali e riflettendo sull’amore, sulla sessualità non riproduttiva tipicamente umana e sulla famiglia. Ma la loro conversazione non aveva certo esaurito gli argomenti e soprattutto i toni con i quali si affrontava all’epoca (e forse ancora oggi) la questione e forse per questo è intervenuto alla fine Emilio Meliani, seguito a ruota da Niccolino Grassi. Con l’energia che li contraddistingue, hanno infiammato il tema e il pubblico dando voce anche alle posizioni omofobe e dibattendo sul tradimento e sulle deviazioni tortuose della relazione di coppia a cui talvolta il matrimonio conduce, come dimostrano le numerose separazioni che si ripercuotono dolorosamente sui figli. []

A questo ha fatto seguito un altro contrasto ispirato ad eventi recenti: il crac delle banche di fine 2015 che ha visto andare in fumo i risparmi di una vita di molti lavoratori e gli interventi del governo Renzi per limitare i danni e rimborsare gli investitori; è di pochi mesi dopo infatti il decreto legge sul sistema bancario che disciplina i rimborsi e il recupero crediti. Niccolino Grassi ed Emilio Meliani, insieme a Dante Valentini, hanno dunque dato voce rispettivamente alle banche, al governo e ai risparmiatori. []

Giampiero Giamogante, che spesso a Pianizzoli fa la parte del moderatore che raccoglie o propone i contrasti e sceglie i poeti, viene chiamato a interpretare insieme a Sergio Cinci un tema proposto dal pubblico: nonno e nipote. È dunque il momento per affrontare un argomento forse più leggero e intimo, che però dà spazio ai piccoli dispetti che i nipoti fanno al nonno, alle paghette che si aspettano, ma anche alla dolcezza del rapporto tra familiari separati da un salto generazionale e alla consapevolezza che, in assenza di eventi traumatici, la vita del nonno tramonterà prima di quella del nipote. Una rima forse presa in contropiede tra “impara” e “bara” fa emergere un argomento molto importante per il mondo dell’improvvisazione poetica in ottava rima, quella del rapporto tra vivi e morti, su cui in questi mesi, nell’era del Covid, non riusciamo più a riflettere serenamente. []

La serata del 2016, a detta di molti, era venuta particolarmente bene e proprio per questo Niccolino Grassi, che a tarda ora non aveva perso l’energia con cui aveva affrontato i primi contrasti, ha sentito il bisogno di ricordare i tanti poeti del passato che ha conosciuto e ospitato in casa sua e che hanno frequentato Casa Banchi, specialmente quando Lio vi aveva costituito una sorta di circolo che finì per essere conosciuto con il nome di Scuola di poesia di Pianizzoli.[1] Rivolgendosi più volte alla mia videocamera, augurandosi che possa anch’essa in qualche modo mantenerne la memoria e offrire “un mazzo di fiori” ai poeti non più tra noi, nel primo dei due video che seguono, Niccolino ricorda Franceschini della Riccioleta, Bianchi, Spinelli, Piazzi, Lelli, Modesti, Barontini. Quest’ultimo Niccolino confessa di averlo incontrato una sola volta, ma ha stampate nella mente le parole del Lelli che lo descriveva in toni decisamente lusinghieri, visto che lo paragonava a Vasco Cai, con una metafora che richiama la differenza tra chi suona uno strumento musicale di buona qualità e chi sa ottenere un ottimo suono anche da uno strumento meno pregiato: “lo strumento era più bello quello del Cai, ma il suono era meglio quello del Barontini”. Il Cinci e altri presenti aggiungono alla lista anche Paroli e Artemio Melani. Durante l’improvvisazione cantata che segue, Vanda suggerisce di non dimenticare il Provenni, e Niccolino poi aggiunge il Fidanzi. È sempre Niccolino a sollecitare i presenti a cantare in onore ai poeti del passato, auspicando nuovamente che le mie riprese video in qualche modo facciano onore agli antenati. E questo me lo auguro di cuore pure io, chiedendo il permesso al Lelli, dato che di lui mi hanno raccontato che odiava essere registrato.

Nel secondo video, Niccolino racconta come proprio il Lelli gli suggerì di andare a conoscere Benito Mastacchini, “perché di quello che canta sa quello che dice, siete in due a farvi comodo”. Prosegue poi imitando il modo di cantare del Piazzi, del Modesti, del Bianchi e dello Spinelli, cantando l’ottava scritta su un foglietto che gli lasciò il Piazzi una mattina che andò a trovarlo e non poté incontrarlo perché Niccolino aveva l’influenza e altri aneddoti di cui è stato protagonista o testimone. []

Sabato 11 febbraio 2017

La serata del 2017 ci ha riservato una sorpresa particolarmente gradita: Niccolino Grassi è arrivato accompagnato dal giovane Samuele Tosi, che aveva cominciato da qualche tempo a cantare in ottava rima insieme a lui. I poeti presenti allora gli hanno dedicato la lunga serie di ottave che si può ascoltare qui sotto. Mi scuso con chi guarderà il video per i movimenti particolarmente bruschi della videocamera soprattutto circa a metà della registrazione, ma al mio dilettantismo si aggiunge la fatica di trovare la posizione giusta per riprendere tutti nella sala affollata in cui ero sempre di intralcio alle donne impegnate a sparecchiare la tavola. Credo però che questa ripresa video dica molto di come i poeti più anziani oggi abbiano a cura la formazione dei giovani, per i quali il migliore apprendimento è quello proprio che matura cantando a tavolino con i poeti più esperti. []

Nei giorni in cui si svolse il simposio di Pianizzoli stavo leggendo Filosofia dell’animalità di Felice Cimatti (Roma-Bari, Laterza, 2013), un libro che ha stimolato molte domande sul mio lavoro di etnomusicologa, solo apparentemente lontano dai temi affrontati in quelle pagine. Domande alle quali in realtà credo di non aver saputo rispondere, ma che, come avviene spesso nel mio pensiero centrifugo, hanno generato altre letture e il desiderio di percorrere molti altri sentieri, alcuni abbandonati dopo breve tempo, altri seguiti con più coraggio. Fresca di lettura e contenta di rivedere i poeti dopo alcuni mesi di lontananza, durante il viaggio verso Pianizzoli ho pensato che avrei potuto proporre ai poeti di riflettere sull’animalità umana e su quella dell’insieme innumerevole di viventi che chiamiamo genericamente animali. Ne ho parlato con Giampiero quella sera ed è venuto fuori un contrasto per me bellissimo tra l’uomo, interpretato da Marco Calabrese, e l’animale, Emilio Meliani. La trattazione del tema tocca la creazione (opera di un Dio forse pentito di aver creato l’uomo), il rapporto tra Ulisse e il cane Argo, il cavallo di Troia (l’animale finto costruito dagli umani per vincere una guerra con l’inganno), per chiudere con l’attribuzione ad Omero di una caratteristica tipica dell’animalità umana: l’essere un bugiardo. []

Nella notte a cavallo tra l’11 e il 12 febbraio, ad un certo punto Domenico Gamberi ha annunciato a tutti i presenti che proprio in quel momento Silvia, la nuora di Lio, compiva 50 anni. La notizia ha dato il via a una lunga serie di auguri in terza rima, con l’accompagnamento dell’organetto di Donato De Acutis, cantati dai poeti non solo laziali, per i quali il canto delle terzine è parte della consueta formazione di un poeta a braccio, ma anche dai toscani che negli ultimi anni si sono cimentati in questa forma di improvvisazione. Dal pubblico si è unito a loro Idrio Brinzaglia, che ha temporaneamente abbandonato le sue riprese video con lo smartphone per fare gli auguri a Silvia. Nell’omaggio anche al marito Roberto, che non può che vantarsi di una sposa come Silvia, chi ha voglia di ascoltare sorriderà nel constatare a cosa arriva a riferirsi l’espressione “il sesto grado di Amatrice” nel canto dei poeti a braccio. Il riferimento a quel “sesto grado” in un contesto del genere suonerebbe blasfemo se pronunciato da chi non ha subito le conseguenze del terremoto perlomeno sulla propria casa, ma tutti i poeti laziali presenti, chi più chi meno, sono ancora alle prese con danni significativi e possono permettersi di prendersi gioco pure del terremoto. []

Sabato 10 febbraio 2018

Dal 2018 il simposio, che normalmente si svolgeva la sera a partire dall’ora di cena, è stato spostato all’orario di pranzo, in modo da non terminare alle ore piccole della notte. Le ottave di saluto che qui riporto sono l’occasione per ribadire il legame di amicizia tra poeti e pubblico, per riaffermare la vitalità della poesia a braccio, a cui ci si appresta ancora una volta a dare forma con la voce dei poeti e l’ascolto attento e partecipativo del pubblico, e per ricordare Lio Banchi. I saluti sono il momento per coinvolgere in viva voce anche quei poeti presenti che preferiscono rimanere a margine dei contrasti, come Claudio Gabbricci, che però qualche volta canta a contrasto negli incontri di Valpiana, e Francesco Tommassetti, che spesso accompagna a Pianizzoli i poeti dei paesi della provincia di Rieti. []

Dal 2018 Samuele Tosi è invitato tra i poeti a cui viene chiesto di affrontare contrasti e subito viene chiamato a cantare insieme a Donato De Acutis su l’antico e il contemporaneo, affidando a Donato (che pur essendo di una buona decina d’anni più anziano di Samuele è comunque tra i poeti più giovani) il mondo antico, mentre Samuele doveva interpretare il mondo contemporaneo. L’efficienza della tecnologia che fa risparmiare energia e tempo viene contrapposta all’emozione di chi una volta aspettava una lettera d’amore scritta a mano e inviata per posta, ma nel corso del contrasto l’antico fa notare al contemporaneo che aveva in ogni caso lo sguardo rivolto in avanti. Sarà per questo, sarà per un cedimento di Samuele, oppure per una speranza latente in molti, cioè che l’antico possa riemergere nel contemporaneo, ma i poeti finirono per cantare sui aspetti quali i benefici e gli svantaggi del vivere in un’epoca in cui la medicina non era avanzata come oggi (si fa tuttavia presente che nonostante i progressi non è ancora riuscita a curare il tumore) e sulla pressione della religione nella vita sociale. Passato e presente dunque vengono messi in questione in questo contrasto che ci invita a riflettere sulla presunta irrevocabilità di ciò che chiamiamo progresso. []

Il complesso rapporto tra la Musa e il poeta, un po’ materno e un po’ erotico, fatto di amore e sofferenza, spavento e delicatezza, è affrontato da Dante Valentini (il poeta) e Marinella Marabissi (la Musa) in un contrasto che potremmo definire lirico. La Musa è sempre insieme al poeta, ci ricordano Dante e Marinella, perché è nei campi, nei fiori, nel vento, nel mare, nei cavallucci marini, nei tuoni e lampi e… pure nella schiuma dello shampoo, anche quando il poeta crede di essere stato abbandonato. E se la Musa fosse la lingua stessa del poeta con cui nomina i viventi e le cose che lo circondano e con cui canta la sua poesia? []

Due eventi naturali, il terremoto e la primavera, uno che distrugge, l’altro che ogni anno assicura la rinascita della vegetazione, sono interpretati rispettivamente da Francesco Marconi (che di terremoti ne ha sentiti più d’uno, osserva Pietro De Acutis) e Emilio Meliani. È l’occasione per ricordare il terremoto di Amatrice di un anno e mezzo prima, vissuto con apprensione da tutti i poeti presenti, specie quelli laziali, nativi dei paesi a pochi chilometri da Amatrice, Norcia e Campotosto, devastati dalle numerose scosse eccezionali che si sono succedute a cavallo tra 2016 e 2017. []

Domenica 10 febbraio 2019

Quel giorno i poeti non hanno ragionato su temi dati, ma hanno trascorso il pomeriggio cantando ottave a turno sugli argomenti che venivano in mente di volta in volta. Ho scelto tre frammenti di quel lungo discorrere in versi cantati. Il primo è una divertente ma anche appassionante riflessione su poesia e medicina che, oltre a riconoscere i poteri terapeutici della parola poetica, mette in scena, quasi fosse un contrasto, il medico e l’agricoltore che l’ospedale non lo vuole neanche guardare da lontano. L’argomento era piuttosto sentito anche perché tra i poeti che avevano preso parte al simposio c’erano due medici: Lorenzo Michelini e Enrico Rustici.
Francesco Burroni, nel secondo frammento, ricorda Lio Banchi e la sua prima ottava cantata proprio a Pianizzoli, nel circolo fondato dallo stesso Lio, e di seguito interviene Blandino Cesarei, originario di Nommisci (frazione di Amatrice) che, nonostante la sua lunga esperienza come poeta a braccio, partecipava all’incontro di Pianizzoli per la prima volta.
L’ultimo è un’intensa riflessione sulla poesia estemporanea in ottava rima, sulla tradizione su cui si fonda e sul rapporto tra poeti e pubblico, di Pietro De Acutis e Marco Betti, a mio avviso una delle occasioni più straordinarie che abbia finora avuto di ascoltare i poeti cantare della loro arte.[2] []

Note

[1] Lo ricorda Lio stesso con uno scritto pubblicato in appendice alla raccolta postuma delle sue poesie: Lio Banchi, La smania di cantare, Viterbo, Nuovi Equilibri, 2003, pp. 155-156.

[2] Ho a mia volta riflettuto su questo contrasto in un articolo che ho pubblicato nella special issue dedicata a Music & Language, a cura di Chris Stover e Stefano Oliva, della Rivista Italiana di Filosofia del Linguaggio, accessibile gratuitamente qui

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