Se un lascito di Muse a voi vi feci
L’ottava rima patrimonio toscano
Capolona, 12 gennaio 2018
Nel 1765 Giuseppe Baretti dà alle stampe “Dei modi e dei costumi d’Italia” scritto in lingua inglese (tradotto all’inizio dell’800 da Girolamo Bozzoli) spronato forse dai giovani rampolli impegnati dalla moda del Grand Tour. Trattando della Toscana egli si sofferma sulla pratica dell’improvvisazione poetica osservando come il popolo Toscano ami e pratichi la poesia. Eccone un estratto:
Fra i principali tratti che caratterizzano i toscani, ho di già parlato del loro amore per la poesia e del loro uso singolare d’improvvisare, vale a dire di cantare de’ versi all’improvviso, accompagnandosi con la chitarra, o con qualsiasi istrumento di corda. Entrambe queste loro qualità sono di antichissima data. I toscani furono tocchi dalla bellezza della poesia più che ogni altro popolo, tosto che la loro lingua cominciò ad essere verseggiata. Uno dei loro antichi novellieri, Francesco Sacchetti, asserisce che il popolo fiorentino soleva cantare per le strade il poema di Dante.
Riguardo al loro improvvisare, egli è difficile il darne una giusta idea ad un forestiere; nondimeno posso dire che non v’è cosa più piacevole più sorprendente di sentire due dei loro migliori improvvisatori, et cantare pares et respondere parati, e sforzarsi ciascuno di superare l’altro.
Io fui più volte grandemente meravigliato della rapidità delle loro espressioni, della facilità delle loro rime, dell’esattezza del loro numero, dell’abbondanza delle loro immagini e del calore e dell’impetuosità de’ loro pensieri.
Sarebbe difficile Il fissare fra questi popoli l’origine di una tale usanza, o per meglio dire, io ho tentato in vano di scoprirla, allorché altre volte mi applicavo alla poesia italiana.

Ventuno anni dopo la morte del Baretti nasce fuori di Porta a Pinti in Camerata il poeta estemporaneo illetterato più famoso e rammentato di tutta la Toscana. Si tratta di Giuseppe Moroni detto Il Niccheri (1810 -1880) autore del celeberrimo poemetto sulla Pia de’Tolomei pubblicato dalla tipografia Salani nel 1873 e diventato un caso “editoriale” di proporzioni inimmaginabili per quel tempo.
Dieci anni dopo il Niccheri nasce in Casentino un altro poeta estemporaneo illetterato: Giuseppe Biagioni (1820-1903) i cui versi sono stati tramandati a memoria dai suoi discendenti e solo recentemente trascritti da un pronipote.
La festa della Toscana a Capolona
Sul Biagioni e sul Moroni è stata “incardinata” la serata dedicata alla festa della Toscana, intitolata “Ottava Rima e poesia popolare al tempo dei Lorena“, sapientemente orchestrata da Mario Spiganti, Filippo Marranci e Marco Betti.
Lo spunto è stata una riflessione sulla trasmissione orale della poesia, improvvisata e memorizzata, nella quale si possono ancora trovare riferimenti di un’attualità divenuta storia. È il caso di un’ottava del Biagioni ancora ricordata dai suoi discendenti e nella quale si cita la guerra di Crimea ed è il caso della Pia de’Tolomei mandata a memoria da intere generazioni di toscani e ancora oggi richiesta dal pubblico che segue le esibizioni poetiche.
Sempre grazie a queste ottave tramandate riusciamo a sapere con quanti poeti abbia improvvisato il Niccheri nella sua carriera (oltre 130) e da quali paesi arrivassero i commercianti al Mercato del Romito di Firenze sempre grazie alla prontezza del Niccheri.
C’è stato spazio anche per l’improvvisazione.
Erano presenti i poeti: Marco Betti, Franco Ceccarelli, Ivo Mafucci e Filippo Marraci che si sono cimentati sui vari temi assegnati dal pubblico.
All’inizio della serata il Sindaco di Capolona e il Presidente del Consiglio Regionale della Toscana hanno consegnato a Ivo Mafucci un attestato di stima per la sua lunga carriera di poeta improvvisatore.