L’espressione spontanea del canto improvvisato, della musica, del ballo e del racconto sfugge sempre di mano ai suoi “precettori” per ritrovare immancabilmente quello spunto selvatico che rende la tradizione indomita e affascinante tanto per gli accalorati cultori quanto per i curiosissimi neofiti. Un miracolo che si ripete ogni volta che si creano quelle imprevedibili condizioni che solo la sorte alchemica riesce a determinare.
La veglia è come l’erba spontanea: se provi a coltivarla perdi il seme.
a qualche anno era consuetudine, al Circolo Aurora di Arezzo, festeggiare la Giornata della Memoria con una serata di poesia estemporanea in ottava rima, a cui partecipavano i poeti dei dintorni di Arezzo. Sabato 25 gennaio 2020 si è tenuto l’ultimo di questi appuntamenti, in una giornata particolarmente intensa perché alcuni dei partecipanti avevano trascorso il pomeriggio alla manifestazione delle Sardine che si era svolta proprio ad Arezzo, nonostante la pioggia. Si era infatti alla vigilia delle elezioni regionali nella vicina Emilia Romagna e in Calabria, al termine di una tesa campagna elettorale che aveva visto le Sardine protagoniste delle piazze italiane e che era culminata, qualche giorno prima, con la famigerata citofonata di Matteo Salvini in una abitazione del Pilastro a Bologna, con la quale il leader della Lega, davanti ai microfoni e alle telecamere della stampa, accusava di spaccio il padrone di casa e il figlio. L’occasione celebrativa e il luogo non potevano dunque essere più propizi per i contrasti politici e sull’attualità che notoriamente appassionano i toscani.
Sardine Vs Salvini
Il primo contrasto della serata infatti, su richiesta dei commensali, ha come tema le Sardine e, come si può vedere nella ripresa video qui sotto, dopo una breve discussione, si decide di precisare l’argomento del contrasto mettendo le Sardine a confronto proprio con Salvini. È Alda, moglie del compianto Ivo Mafucci, poeta di Arezzo mancato a fine novembre 2018 (Lentopede lo ha ricordato qui ), a decidere i ruoli: Lorenzo Michelini, di San Giovanni Valdarno, difenderà Salvini e Marco Betti, di Figline Valdarno, le Sardine. Inizia così un contrasto che unisce ingegno caricaturale al riferimento a fatti reali (la separazione tra Salvini e la compagna Elisa Isoardi, il famoso campanello della casa al Pilastro a Bologna) ma che si caratterizza anche per una particolarità che gli ascoltatori attenti non mancheranno di notare: la presenza, quasi più unica che rara nella poesia estemporanea in ottava rima, di alcuni endecasillabi tronchi nei versi primo, terzo e sesto di un’ottava di Marco Betti, che riprendono la vocale finale “e” dei monosillabi posti da Lorenzo Michelini al termine di un suo distico finale. È un caso interessante di come quella che sarebbe da considerare un’imprecisione nella costruzione del settimo verso di Lorenzo (al minuto 07.24) genera un endecasillabo tronco (questo sì, corretto) a chiusura della sua ottava (07.27) e di conseguenza altri tre endecasillabi tronchi nei versi a rima obbligata nell’ottava di Marco (a partire da 07.33). Un’ottava quest’ultima che insiste sullo stile caricaturale adottato in questo contrasto, in essa infatti Marco paragona Salvini al re che si evira per far dispetto alla moglie, facendo uso del verbo dialettale “inguastire”.
LM
[…]
Il cervello torna sano anche per me
vi mangio voi ci avete omega tre.MB
Io dico come te che non ce n’è
sentite un poco la sua strategia
casca il governo e poi votano me
e tutti quanti allor li mando via.
Insomma ha' fatto come quello re
che pe’ inguastì la moglie il tagliò via
te di tagliarti il pipi hai ritenuto
ma Conte gode e te pisci seduto.
L’argomento non si chiude con le ultime due ottave cantate in sticomitia dai poeti, interviene alla fine il loro decano, Bruno Grassi, di Montevarchi, novantacinquenne all’epoca di questo contrasto, che esprime il suo plauso per le Sardine, ma subito dopo ci pensa Franco Ceccarelli, poeta un po' più giovane di Ponticino, a smorzare gli entusiasmi con l’efficacissima chiusa: “ma io vi dico con parola bona / questi partiti voglion la poltrona”.
Greta Vs Trump
Infiammato dal contrasto appena concluso, il pubblico reclama nuovamente un tema attuale e vorrebbe che si cantasse sul clima. Qualcuno allora propone un contrasto tra Greta Thunberg e Donald Trump. È l’occasione per il debutto, nel ruolo di Greta, di una nuova poetessa a braccio, Tiziana Tognaccini, nota al mondo dell’ottava rima per organizzare gli incontri di Terranuova Bracciolini. Anche in questo caso non mancano le parole pungenti, da Trump che definisce Greta “una cittina in tempesta ormonale”, la invita a studiare i libri di Carlo Rovelli e le promette di comprarle un abbonamento a Disneyland, a Greta che auspica una “pacifica rivoluzione”, risponde alle mire imperialistiche di Trump dichiarando che con la sua “fioca vocina” ha “rotto ogni muro e ogni cortina” e lo ammonisce con le parole: “tra un poco tu governerai il deserto”.
Gioventù Vs Vecchiaia
La serata prosegue con il debutto di un altro nuovo poeta, Stefano Fabbroni, marchigiano di origine ma toscano d’adozione, che ha l’onore di cantare con Bruno Grassi su gioventù e vecchiaia. Le ottave sulle incomprensioni reciproche tra giovani e vecchi si chiudono con il distico perentorio di Bruno: “io se avessi i tuoi anni e questa voce / lo leverei Cristo dalla croce”. Affermazione sulla quale, smorzati gli applausi, interviene Franco Ceccarelli, mostrando qualche perplessità di fronte a questa intromissione del sacro e intraprendendo piuttosto un confronto con l’amico e collega sul possibile fascino che esercitano sulle donne gli uomini con alle spalle un’esperienza come la loro. Il divertentissimo scambio di pareri tra i due uomini, a cui l’età permette di parlare con estrema leggerezza di qualsiasi cosa, dura quasi quanto il contrasto precedente, e vede i due cantori arrampicarsi in audaci propositi di seduzione, al punto che al termine Bruno sente di dover precisare ridendo: “un è vero niente quello che ho detto eh?”.
Stornelli e “Bella ciao”
Il pubblico viene coinvolto, verso la fine della serata, in una serie di stornelli, cantati con il sostegno dei musicisti presenti in sala, il giovane Thomas Lazzerini e Marco Giovani alla fisarmonica, Lorenzo Michelini e Massimiliano Calatroni alla chitarra, Stefano Fabbroni al tamburello e Marco Betti alle gnacchere.
Si intona poi l’inevitabile Bella ciao, ma al termine della canzone, con un intervento degno da manuale sul canto sociale e politico, si alza dal pubblico un signore chiedendo la “vera” canzone partigiana, Fischia il vento. Non viene accontentato, ma i musicisti propongono l’Inno della Brigata Garibaldi, che è l’occasione per due ballerini di esplorare per qualche minuto con i loro movimenti lo spazio della sala, anche a nome di coloro che sono rimasti seduti, e facendola apparire più ampia di quello che ci si aspettava. Si termina con le ottave di saluto da parte di tutti i poeti presenti.
La ricercatrice che ha scritto queste righe e che era come al solito aggrappata alla videocamera per seguire e provare a costruire una memoria collettiva della serata, nei limiti delle sue modeste attitudini di controllo della camera e del microfono e della proporzionata sua propensione allo sguardo oltre che all’udito, è convinta di aver cantato con trasporto, quella sera insieme a tutti i presenti, l’amata canzone degli anarchici, Addio Lugano bella. Chi c’era potrà farle sapere se è successo davvero o se l’ha solo sognato, perché la ricercatrice non ha ritrovato le riprese video di quegli intensi minuti. Forse l’emozione l’ha trasportata al punto di farle dimenticare di premere il tasto “rec”, non sarebbe la prima volta, e se si aprisse il vaso di Pandora che serba gli atti mancati dei ricercatori che fanno uso delle fonti orali, ci sarebbe da riscrivere numerosi libri. La ricercatrice però conserva il ricordo di quel momento con grande emozione e felicità, specie adesso, in questi tempi di immobilità e separazione forzata. I lettori la perdoneranno se è solo frutto della sua fantasia.